
Champions League, solo il Real Madrid è meglio del Bayern Monaco: Inter sfavorita, ma ha ritrovato Thuram e Calhanoglu
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Dietro al Real, alla pari, ci sono Bayern e Barcellona. Lo scontro diretto e il rendimento della prima fase darebbero qualche fiche in più ai blaugrana degli ex Flick e Lewandowski ma nelle ultime settimane il Bayern è cresciuto in personalità e compattezza. Anche se ha avuto alcuni blackout preoccupanti: da 2-0 a 2-3 (in 10) contro il Bochum e 0-3 a Rotterdam, dove però chiuse con 30 tiri, 13 angoli a 1 e l’80% di possesso palla. E ha pure tremato col Celtic al ritorno playoff. Dopo l’esilio di Benzema in Arabia, Kane è salito sul trono dei numeri 9 d’Europa, contesogli solo da Lewandowski. Alle spalle del centravanti inglese ci sono giocatori di enorme qualità, che Kompany ha alternato per scelta o per infortuni vari. A Sané, Gnabry, Coman e soprattutto Musiala si è aggiunto da quest’anno il francese ex Crystal Palace Michael Olise, 13 gol tra Bundes e Champions e uno straordinario mix di concretezza, tecnica ed eleganza. In più, dopo troppo tempo, ha ritrovato un grande Goretzka.
Per l’Inter un avversario durissimo, come è normale e giusto che sia nel G8 d’Europa. Rievoca la notte del Triplete in finale 2010 ma pure la rimonta a San Siro dopo lo 0-2 dell’Olympiastadion (“anticipo secco-nettissimo di Berti…Berti, Berti, Bertiii!!!”, cit. Bruno Pizzul) in Coppa UEFA 1989. In questi quattro anni l’Inter di Inzaghi è stata annichilita sia all’andata che al ritorno (ininfluente, nel girone) solo dal Bayern nel 2022/23. I nerazzurri non sono favoriti ma, di certo, nemmeno spacciati: il ritorno al top di Calhanoglu e Thuram è arrivato proprio nel momento cruciale della stagione.
La Champions è il torneo dei dettagli (ultracit.) ma anche e soprattutto quello dei grandi campioni. Nessuno oggi è più decisivo di Lamine Yamal, gol e assist da fantascienza al Benfica. Al Borussia di Kovac, ordinato ma senza lo sprint di quello che l’anno scorso arrivò in finale, servirà un’impresa titanica.
Come quella nel 2017 del Barcellona di Luis Enrique contro il PSG di Emery, lo scontro che si ripeterà con l’asturiano sulla panchina francese e il basco su quella del glorioso Aston Villa, o meglio AstonViglia, per come l’allenatore e il ds Monchi lo hanno rivitalizzato, proprio come il loro Siviglia di qualche anno fa. In cui tutti sembravano fortissimi e poi, fuori da lì, evaporavano (ogni riferimento a Douglas Luiz non è casuale). O anche Aston Villa-rreal, perché questa cavalcata europea ricorda quella del Submarino Amarillo che nel 2022 arrivò in semifinale. Allora la stella era Gerard Moreno, attaccante atipico e sinistro vellutato come Marco Asensio, trascinatore dei Villans con 7 gol in 8 partite totali, tutti segnati nelle ultime 5.
Ad Anfield Luis Enrique è stato uno straordinario condottiero, sfruttando tutte le pause come time out tecnici per focalizzarsi solo sugli aspetti tattici, isolando i suoi dall’infuocato contesto ambientale. A Parigi, con Kvara e lo sfavillante Doué, nessuno rimpiange Asensio. Ma faranno bene a non sottovalutare né lui né l’Aston Villa, che a Birmingham in stagione ha perso solo due volte, di cui l’ultima il 30 ottobre. Lì si è fermato il Liverpool e sono caduti il City, il Chelsea e addirittura il Bayern.
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