Champions: anche l'Italia ha il suo Special One
José Mourinho l'ha candidamente ammesso anche davanti alle telecamere: per una volta tanto, avrebbe guardato una partita che esulava dal suo Real Madrid e avrebbe anche tifato. Per il suo Chelsea, ovviamente. Si dice anche che abbia scritto diversi sms ai pretoriani del suo vecchio spogliatoio: Lampard, Cech, Ashley Cole, Terry (partita scellerata la sua...), Drogba (gran partita la sua...). Sms di incitamento e, forse, anche qualche consiglio tattico per difendere al Camp Nou la vittoria dell'andata: contro tanti pronostici, con un uomo in meno e reggendo un lungo assedio nel finale. Come dite, un film già visto?
Per come si è sviluppato il secondo atto di Barcellona-Chelsea viene da pensare che, forse, "Uno Speciale", per dirla all'italiana, ce l'abbiamo anche noi, nonostante non ce ne fossimo accorti prima di ieri: Roberto Di Matteo ha raccolto i Blues dalle ceneri del post Villas Boas, che molto probabilmente così "Special Two" ed erede designato di Mourinho non è, e nel giro di un mese e mezzo ha centrato finale di FA Cup e di Champions League. E lo ha fatto senza troppi sensazionalismi, senza troppo far parlare di sé, a testa bassa e a lavorare, con la consapevolezza di essere un semplice traghettatore messo lì per finire la stagione. Un traghettatore, però, che, se lasciato lavorare, ha dimostrato di saper fare anche l'ammiraglio.
Certo, con una buona infarinatura di stampo mourinhano, perché il Chelsea visto al Camp Nou somigliava molto all'Inter di due anni fa: tattica, organizzazione, disciplina, perché gli avversari potranno anche essere 11 candidati al Pallone d'Oro, ma fino a quando non vanno oltre una lunga ragnatela di passaggi sempre più stretti e sterili davanti all'area di rigore, allora si scopre che così marziani non sono, e che gli si può anche far gol, senza troppi fronzoli, con un uomo in meno e un lancio lungo in una metacampo aperta come una prateria del Dakota. Difendere, e sapersi difendere anche in situazioni differenti, può contare molto di più che attaccare: lo ha dimostrato Mourinho, lo ha confermato Di Matteo, il nostro Special One che porterà quantomeno un pizzico di Italia in finale. Dove, magari, ritroverà anche l'Original One.