Cessione Roma| Si parte
Arabi. Americani. Cinesi. Austriaci. Romani. Il giro del mondo dei possibili acquirenti per la Roma, per ora finisce qui. Potremmo associare anche qualche nome alle nazionalità, degli arabi per esempio si è già parlato, il Fondo Sovrano Saudita e Aabar, dei cinesi possiamo dire che negli ambienti di piazza Affari a Milano, si sussurra molto di un gruppo cinese assai cash, ma in questo momento riteniamo che sia prematura qualsiasi anticipazione. Se non altro perché il lavoro di Unicredit e dell’advisor Rothschild Italia, al ponte di comando il dottor Alessandro Daffinà, è appena cominciato. Oggi, tra le parti, è previsto un incontro per mettere a punto un programma che, peraltro, è già ben definito, oltre che obbligato, nelle teste dei protagonisti.
IL BILANCIO - Presto, molto presto, al citofono di Trigoria, abito blu, cravatta, profumo, ventiquattro ore molto capienti, suoneranno gli uomini Rothschild. Chiederanno, ovviamente, della dottoressa Cristina Mazzoleni, la responsabile amministrativa del club giallorosso, professionista che negli ultimi anni ha dovuto dare il meglio di se stessa per trovare, sempre, la soluzione giusta al momento giusto. Ma c’è bisogno di preparare un dettagliato e documentato dossier da presentare a chi manifesterà il proprio interesse per l’acquisto della Roma. E allora la prima cosa da fare sarà scoprire, verificare, approfondire, pesare i numeri del bilancio della società giallorossa. Numeri che non potranno non avere il loro peso nelle trattative di vendita.
LO STADIO - In parallelo al dossier sullo stato di salute della Roma, ne sarà preparato anche un secondo, relativo alla questione stadio. Che rimane una potenziale calamita irresistibile, capace di rappresentare da solo un motivo illuminante per chi vorrà investire nella Roma. Nell’accordo trovato tra Unicredit e Italpetroli, la parola stadio non compare mai. Eppure uno stadio era stato presentato in pompa magna. Non è stata una dimenticanza. Perché questo vuole dire che chi prenderà la società giallorossa, avrà carta bianca nella costruzione di un nuovo impianto. Una volta che i due dossier saranno pronti, non prima probabilmente di settembre, le manifestazioni d’interesse che nel frattempo saranno arrivate, dovranno tramutarsi in trattativa vera e propria. Non ci sarà spazio per ciarlatani, italiani e stranieri.
ASSET PRINCIPALE - Unicredit, peraltro, considera la Roma come l’asset che possa garantire il maggior rientro dal credito di 325 milioni che vantava nei confronti del gruppo Italpetroli, per gli altri asset (in particolare la Torre di Civitavecchia) sono già in corso trattative. Ma il grosso del credito l’Istituto bancario diretto dal dottor Alessandro Profumo, sa che lo dovrà incassare dalla cessione della Roma. Il punto finale di questa situazione, cioè la vendita degli asset per rientrare dal debito, è stato fissato a un massimo di cinque anni. In quel momento, si faranno le somme e Monte dei Paschi di Siena (creditore di 80 milioni) incasserà circa un quarto di quello che sarà entrato in cassa. Se la somma totale delle dismissioni sarà una cifra superiore ai 405 milioni, i Sensi avranno una percentuale, dalla quale bisognerà scalare il cinque per cento che incasseranno dalla cessione della Roma da cento milioni in su.