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Cesenamania: la fatica di vivere
È vero, le assenze sono tante e importanti, si fatica a segnare e in questo momento la fortuna non aiuta ma certi particolari andrebbero eliminati una volta per tutte. Nelle prime dieci partite l'atteggiamento proposto è stato sempre lo stesso, quello umile e concentrato che contraddistingue ogni buona neopromossa ma anche quello grossolano e a tratti impaurito che porta a commettere errori madornali. Non è accettabile lasciare 30 metri di campo ad un avversario ridotto in dieci uomini, per di più in casa. Non è accettabile vedersi puntualmente rimontati, anche quando si è in doppio vantaggio. Non è nemmeno accettabile vedere due squadre diverse nell'arco di novanta minuti indossare le stesse casacche, con gli stessi numeri e nomi. Quasi fosse un calzino rivoltato che mostra due tessuti diversi: uno pregiato e l'altro pieno di rammendi.
Troppo facile giustificare questo repentino cambio di rendimento appellandosi ad una condizione fisica precaria o alla difficoltà di tenere le giuste distanze fra i reparti. Più probabile che si tratti di una mentalità difensivista che porta a chiudersi eccessivamente, preferendo il distruggere al creare. Mentalità calata dall'allenatore e ben recepita dal gruppo. Anche in questo caso, a onor del vero, va ricordato che tale modo di interpretare il calcio ha permesso di ottenere ben tre promozioni complessive nell'era Bisoli. In serie A però la musica cambia. Lo sanno bene i maligni che hanno già riesumato le fallimentari esperienze di Cagliari e Bologna, entrambe naufragate con esoneri.
Nessuno si augura la cacciata del tecnico porrettano, non sarebbe la soluzione neanche in caso di ultimo posto solitario. Se c'è qualcuno che può salvare questo Cesena quello è di certo Pierpaolo Bisoli. Bisognerebbe solo trovare più convinzione, andarsela a giocare per davvero su tutti i campi e non limitarsi a dichiarazioni surreali sui giornali, abbandonare quella palude che è la paura di se stessi. Ah che fatica vivere tifando Cesena!