Non appena si sono palesate le prime difficoltà d'ambientamento per Alessio Cerci, hanno iniziato a circolare voci che lo volevano di ritorno a Torino. In parte forse dettate dalla nostalgia che il pubblico granata prova per il proprio ex beniamino (non adeguatamente sostituito), ma non solo, visto che tale illazione ha trovato forza anche in Spagna. Si tratta però di un'idea completamente campata per aria, per molti motivi: l'ingaggio (triplicato rispetto a quello - già al limite del salary cap societario - che riconosceva Cairo), le ambizioni (che più d'ogni altra cosa lo hanno portato via), e la volontà dell'Atlético.

Già, perchè i Colchoneros hanno puntato forte su Cerci, tanto da investire una cifra complessivamente non molto inferiore ai 20 milioni (tantissimi, in un mercato di ristrettezze) per il fuoriclasse del Toro e della Nazionale italiana. Ci credono fortemente, del resto il suo valoro è conclamato. Perchè allora un inizo di stagione così difficile, si chiedono i suoi tanti estimatori, che lo considerano un talento tale da imporsi su qualsiasi palcoscenico europeo?

Oltre alle fisiologiche difficoltà a inserirsi in un meccanismo rodato e solido come pochi al mondo, Cerci paga la brutta preparazione estiva. Iniziata in ritardo per via del Mondiale, ma non solo: l'Henry di Valmontone ha lavorato in ritiro con il freno a mano tirato, senza pigiare sull'acceleratore mai. Perchè voleva lasciare il Toro, e non voleva correre rischi. E ora, paga questa sua scelta; ci vorrà tempo, per rivedere il vero Cerci. Ma lo si rivedrà a Madrid, non a Torino.