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    Cento volte Pandev: storia di un campione senza tempo

    Cento volte Pandev: storia di un campione senza tempo

    • Marco Tripodi
    Tutto ebbe inizio un soleggiato pomeriggio di 18 anni fa. Quando molti dei ragazzi che oggi ne osannano le gesta e stanno per sostenere la maturità neppure sapevano parlare. Lui, all'epoca, aveva la loro età ma anziché i libri sottobraccio portava un pallone. Oggetto laico che per molti rappresenta la più sacra delle icone e che per il protagonista della nostra storia è stato l'insostituibile compagno di viaggio di una carriera vissuta a diverse latitudini fin da giovanissimo.

    Quando l'Inter lo pescò in Macedonia, infatti, Goran Pandev non era ancora maggiorenne e la sua nazione sulle cartine geografiche era presente soltanto da pochi anni. Le speranze che quel figlio di una delle sette repubbliche nate dall'esplosione jugoslava diventasse un fuoriclasse erano più forti anche di un cognome che nei tifosi nerazzurri rievocava terribilmente il quasi omonimo e conterraneo Darko Pancev, il cobra del gol degli anni '90 divenuto ramarro in quel di San Siro. Ma aldilà delle assonanze con il poco fortunato collega la stoffa di Goran era ben altra.

    Certo, per un ragazzo venuto dal nulla che sapeva farsi capire soltanto sul campo, farsi largo in quell'Inter zeppa di campioni non era semplice. Un ostacolo di poco conto per chi è riuscito a diventare grande in una terra dilaniata dai conflitti. Pandev già sapeva che la paura la si deve riservare ad altri contesti e la proposta di andare a farsi le ossa altrove, pur sapendo che spesso il destino di costoro viene dimenticato dalla casa madre, non poteva spaventarlo. Lui voleva soltanto giocare e correre dietro al suo compagno di sempre. E la sua scelta fu quella giusta. Il pane duro masticato in provincia contribuì infatti a farlo crescere, sia come uomo che come atleta. E in un soleggiato pomeriggio di dicembre di inizio millennio riuscì anche a mettersi in luce agli occhi del mondo.

    Dopo essere passato dallo Spezia, in Serie C, Goran era stato parcheggiato ad Ancona, matricola di A destinata a fare la fine del vaso di coccio in un'acciaieria. E qui che il ragazzo di Strumica conobbe i riflettori del grande calcio. Ed è con i dorici che il 7 dicembre 2003 si recò a Bologna per affrontare i rossoblù di Beppe Signori e Carletto Mazzone. Due monumenti del calcio italiano. Una sfida all'apparenza impari per i piccoli marchigiani guidati da Nedo Sonetti che infatti ben presto si trovarono sotto di tre reti. Ma a rendere speciale una partita tutto sommato anonima ci penserà quel giovane venuto dalla terra di Madre Teresa. Con quel sinistro fulminante, che molti impareranno a conoscere negli anni a venire, Pandev regalò il più degno finale alla serpentina con cui aveva appena steso mezza difesa avversaria, battendo oltretutto un altro mostro sacro del pallone come Gianluca Pagliuca. Non proprio l'ultimo arrivato.

    La rete non servì all'Ancona per cambiare l'esito alla sfida ma permise al suo autore di iniziare una lunga collezione personale che ancora oggi, a quasi un quinto di secolo di distanza, continua ad essere arricchita. Dopo aver scritto pagine inedite nella storia non solo sportiva del proprio Paese e aver restituito all'Inter il favore di aver reso concreto il suo sogno, conquistando l'Europa e il mondo con Mourinho e Benitez, Pandev ieri si è riservato una gioia del tutto personale, iscrivendo il proprio nome nel club assolutamente elitario dei cannonieri in grado di arrivare in tripla cifra nel nostro massimo campionato. Gol che hanno fatto felici nel frattempo anche i tifosi di Lazio, Napoli e ovviamente Genoa.

    La doppietta rifilata al Benevento ha consacrato definitivamente lo straniero più longevo del nostro calcio. Quota 100. Una definizione da qualche tempo sinonimo di pensione. Quella che Pandev vorrebbe godersi a partire dalla prossima estate. Le sirene e i tentativi di dissuaderlo non mancano. E visto di cosa è ancora capace appaiono più che giustificati. Ma ancora una volta sarà lui a decidere cosa fare, scegliendo con la sua testa, come ha sempre fatto. Fin da quando era un ragazzino a cui interessava solo correre dietro ad un pallone.

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