AFP/Getty Images
Ce l'ho con... Inzaghi, troppe lamentele e la Lazio sprofonda: non è da Juve
Provvidenziale come non mai, la sosta per le nazionali può essere l'ancora di salvezza alla quale appigliarsi per la Lazio di Simone Inzaghi, in decisa e netta frenata dopo un girone d'andata da assoluta protagonista e con picchi di gioco a tratti esaltanti. Dopo i 46 punti conquistati nelle prime 21 giornate di campionato, una media di 2,19 a partita, le ultime 8 uscite hanno segnato il passo per i biancocelesti, con 2 vittorie e di 8 punti portati a casa, una miseria se rapportati al rendimento della Roma e di un Milan in prepotente risalita. Senza contare che, con 37 reti al passivo, la Lazio ha la seconda peggiore difesa tra le prime 10 della classifica, meglio solo della Sampdoria. Un peccato che in un momento così delicato il suo bravissimo allenatore, indicato come uno dei papabili successori di Allegri alla guida della Juve, perda tempo inseguendo improbabili ipotesi complottistiche piuttosto che concentrarsi sulla ricerca delle cause.
I NUMERI DEL CALO - Che le decisioni arbitrali e il VAR abbiano penalizzato la Lazio in più di un'occasione è un fatto incontrovertibile, che dietro ci sia della malafede o un precisa volontà di danneggiare la squadra capitolina è francamente inaccettabile. Quelle che all'inizio erano delle normali e legittime rimostranze nel tempo sono diventate polemiche stucchevoli, una ricerca costante di alibi alimentata anche dalle parole di Inzaghi, che hanno finito per togliere tranquillità alla squadra e distogliere il diretto interessato dall'obiettivo. L'affidarsi sempre agli stessi giocatori, escludere o considerare poco giocatori come Nani e Felipe Anderson che avrebbero potuto garantire ai titolari di rifiatare, l'insistere su un determinato sistema di gioco e non proporre varianti stanno presentando il conto. Per non parlare della necessità di migliorare un rendimento interno che recita 24 punti raccolti in 14 partite all'Olimpico, dato figlio di una propensione maggiore a sfruttare le ripartenze piuttosto che proporre un calcio di possesso.
NON E' DA JUVE - Inzaghi ha dimostrato di avere talento, idee e la personalità necessaria per poter ambire in futuro a un grande club, ma per poter puntare alla panchina della Juventus o di una società di pari livello abbandoni la strategia del piagnisteo e torni a dimostrare sul campo quelle qualità che lo hanno contraddistinto fino ad oggi.
I NUMERI DEL CALO - Che le decisioni arbitrali e il VAR abbiano penalizzato la Lazio in più di un'occasione è un fatto incontrovertibile, che dietro ci sia della malafede o un precisa volontà di danneggiare la squadra capitolina è francamente inaccettabile. Quelle che all'inizio erano delle normali e legittime rimostranze nel tempo sono diventate polemiche stucchevoli, una ricerca costante di alibi alimentata anche dalle parole di Inzaghi, che hanno finito per togliere tranquillità alla squadra e distogliere il diretto interessato dall'obiettivo. L'affidarsi sempre agli stessi giocatori, escludere o considerare poco giocatori come Nani e Felipe Anderson che avrebbero potuto garantire ai titolari di rifiatare, l'insistere su un determinato sistema di gioco e non proporre varianti stanno presentando il conto. Per non parlare della necessità di migliorare un rendimento interno che recita 24 punti raccolti in 14 partite all'Olimpico, dato figlio di una propensione maggiore a sfruttare le ripartenze piuttosto che proporre un calcio di possesso.
NON E' DA JUVE - Inzaghi ha dimostrato di avere talento, idee e la personalità necessaria per poter ambire in futuro a un grande club, ma per poter puntare alla panchina della Juventus o di una società di pari livello abbandoni la strategia del piagnisteo e torni a dimostrare sul campo quelle qualità che lo hanno contraddistinto fino ad oggi.