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Ce l'ho con... Guardiola, l'azzardo non ha pagato. Ma la caccia alle streghe è lo sport dei mediocri
Ha perso. E ha sbagliato, non c'è niente di male nel riconoscerlo ed evidenziarlo. Ha deciso ancora una volta di farlo con le sue idee, provando ad aggiudicarsi la partita a scacchi con Tuchel, capace di neutralizzarne ogni mossa già due volte nel corso della stagione. Modificando, probabilmente persino stravolgendo eccessivamente un piano partita che alla fine dei 90 minuti non ha pagato e ha consegnato al Chelsea il titolo di campione d'Europa. L'appuntamento tra Pep Guardiola e quella Champions League che manca ormai da 10 anni è nuovamente rimandato, ma quanto si fa presto nel mondo schizofrenico del pallone a bollare uno sconfitto come un fallito...
MA QUALE TIKI-TAKA? - In Inghilterra è da sempre argomento di dibattito la formazione che il tecnico catalano schiera di partita in partita, soprattutto in occasione delle rare sconfitte del suo Manchester City, che in Europa hanno sempre avuto un'eco maggiore in considerazione del curriculum di Guardiola e degli ingenti investimenti sul mercato operati dagli emiri. E spesso le cadute più fragorose sono coincise con giornate rivelatesi poco ispirate per il suo allenatore, nella scelta degli uomini chiamati ad interpretare uno spartito molto chiaro. Sempre lo stesso. Quello che, quando vinci dando spettacolo e stravolgendo la filosofia calcistica di qualsiasi ambiente e Paese nel quale hai lavorato, diventa quello da cui prendere spunto e imparare in tutto il mondo (cosa che puntualmente avviene, chiedete anche a Tuchel per informazioni), ma che quando perdi viene bollato con la semplicistica etichetta di "tiki-taka". Che, per la cronaca, è stato mandato in soffitta da anni, ma chi prova godimento a dare addosso allo sconfitto sempre e comunque mica se ne accorge...
L'AZZARDO - E' indubbio che la decisione di rinunciare - solo per la terza volta in stagione - ad uno tra Rodri e Fernandinho, il classico equilibratore del centrocampo, per riproporre Gundogan da playmaker (esperimento operato più e più volte da Guardiola nella sua esperienza inglese) non si sia rivelata azzeccata. Così come quella di rispolverare uno Sterling che in Champions League non partiva titolare dall'ottavo di finale contro il Borussia Monchengladbach. Guardiola le ha motivate, lasciando intendere come il suo desiderio fosse quello di sorprendere Tuchel, abilissimo maestro di tattica e bravo come pochi altri ad incartare i propri avversari. Simeone e Zidane avevano già pagato lo scotto nel corso di questa Champions League, prima ancora di Pep. Che ha rischiato, che ha azzardato e ha sbagliato. Ma che nel corso della competizione ha anche toccato picchi di calcio come ormai ci ha abituato da diverso tempo a questa parte, trovando il modo di abbinare una fase offensiva di straordinaria qualità ad una fase di non possesso tremendamente efficace. Come conferma l'abbattimento degli oltre 600 minuti di imbattibilità della propria porta precedentemente detenuto dalla Juve.
IL PERCORSO - E' tutto da buttare dunque? 90 minuti possono cancellare completamente il percorso che ha portato il Manchester City, dopo anni e anni di attesa, a giocarsi la conquista di una Champions? Facile, troppo facile, suffragare l'atto di accusa nei confronti di Guardiola e dargli la patente di "incapace senza Messi" facendo la lista dell'abbondante spesa fatta sul mercato dal giorno del suo arrivo in Inghilterra. I milioni da soli non hanno mai vinto le partite. Per chi ha voglia di andare oltre al risultato, la stagione appena andata in archivio è stata davvero importante: una Premier League letteralmente dominata, l'ennesima Coppa di Lega e un cammino fino all'atto conclusivo della competizione più grande. E' mancata la ciliegina e questo Guardiola lo sa. Ha perso e ci ha messo del suo. Ma la caccia alle streghe lasciamola pure ai mediocri.
MA QUALE TIKI-TAKA? - In Inghilterra è da sempre argomento di dibattito la formazione che il tecnico catalano schiera di partita in partita, soprattutto in occasione delle rare sconfitte del suo Manchester City, che in Europa hanno sempre avuto un'eco maggiore in considerazione del curriculum di Guardiola e degli ingenti investimenti sul mercato operati dagli emiri. E spesso le cadute più fragorose sono coincise con giornate rivelatesi poco ispirate per il suo allenatore, nella scelta degli uomini chiamati ad interpretare uno spartito molto chiaro. Sempre lo stesso. Quello che, quando vinci dando spettacolo e stravolgendo la filosofia calcistica di qualsiasi ambiente e Paese nel quale hai lavorato, diventa quello da cui prendere spunto e imparare in tutto il mondo (cosa che puntualmente avviene, chiedete anche a Tuchel per informazioni), ma che quando perdi viene bollato con la semplicistica etichetta di "tiki-taka". Che, per la cronaca, è stato mandato in soffitta da anni, ma chi prova godimento a dare addosso allo sconfitto sempre e comunque mica se ne accorge...
L'AZZARDO - E' indubbio che la decisione di rinunciare - solo per la terza volta in stagione - ad uno tra Rodri e Fernandinho, il classico equilibratore del centrocampo, per riproporre Gundogan da playmaker (esperimento operato più e più volte da Guardiola nella sua esperienza inglese) non si sia rivelata azzeccata. Così come quella di rispolverare uno Sterling che in Champions League non partiva titolare dall'ottavo di finale contro il Borussia Monchengladbach. Guardiola le ha motivate, lasciando intendere come il suo desiderio fosse quello di sorprendere Tuchel, abilissimo maestro di tattica e bravo come pochi altri ad incartare i propri avversari. Simeone e Zidane avevano già pagato lo scotto nel corso di questa Champions League, prima ancora di Pep. Che ha rischiato, che ha azzardato e ha sbagliato. Ma che nel corso della competizione ha anche toccato picchi di calcio come ormai ci ha abituato da diverso tempo a questa parte, trovando il modo di abbinare una fase offensiva di straordinaria qualità ad una fase di non possesso tremendamente efficace. Come conferma l'abbattimento degli oltre 600 minuti di imbattibilità della propria porta precedentemente detenuto dalla Juve.
IL PERCORSO - E' tutto da buttare dunque? 90 minuti possono cancellare completamente il percorso che ha portato il Manchester City, dopo anni e anni di attesa, a giocarsi la conquista di una Champions? Facile, troppo facile, suffragare l'atto di accusa nei confronti di Guardiola e dargli la patente di "incapace senza Messi" facendo la lista dell'abbondante spesa fatta sul mercato dal giorno del suo arrivo in Inghilterra. I milioni da soli non hanno mai vinto le partite. Per chi ha voglia di andare oltre al risultato, la stagione appena andata in archivio è stata davvero importante: una Premier League letteralmente dominata, l'ennesima Coppa di Lega e un cammino fino all'atto conclusivo della competizione più grande. E' mancata la ciliegina e questo Guardiola lo sa. Ha perso e ci ha messo del suo. Ma la caccia alle streghe lasciamola pure ai mediocri.