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    Ce l'ho con... Allegri emblema di un calcio retrogrado: voleva difendere se stesso, ha denudato la Juve

    Ce l'ho con... Allegri emblema di un calcio retrogrado: voleva difendere se stesso, ha denudato la Juve

    • Andrea Distaso
      Andrea Distaso
    Il calcio è semplice. E' il titolo del libro e manifesto programmatico di Massimiliano Allegri, ribadito con forza e convinzione in occasione della sua partecipazione al "Club" di Sky Sport di domenica sera. Un intervento nel quale, a distanza di quasi due anni dalla sua ultima esperienza su una panchina, il tecnico livornese ha dato costantemente l'impressione di voler ricordare al mondo intero che solo il suo modo di gestire la Juventus possa funzionare. A parere di Allegri, chi ha cercato di intraprendere una nuova via, chi ha provato a inseguire un calcio più in linea con le nuove tendenze, ha fallito perché ha provato ad opporsi a una filosofia profondamente radicata nel club bianconero. Finendo per trasformare una difesa a spada tratta del proprio modo di interpretare il gioco in una denuncia dei limiti attuali della Juve di oggi.

    IL CALCIO E' CAMBIATO - Il fatto che a Torino si sia ragionato e si sia vinto prettamente in un certo modo, non significa che non si possa cambiare. Come tutti gli aspetti dell'esistenza, anche il calcio si evolve e muta perché, rispetto al passato, le informazioni a disposizione degli addetti ai lavori, anche degli allenatori, sono aumentate a dismisura. Oggi tutti sono più preparati e tutti sono più omologati, tanto che i campioni non arrivano più sempre dagli stessi Paesi. La cura di ogni dettaglio e di ogni particolare è diventata praticamente una necessità per provare a ottenere risultati importanti soprattutto ai livelli più alti. Il che non significa automaticamente che esista soltanto una maniera di raggiungere il traguardo, ma bollare lo studio intensivo di certe dinamiche o il tentativo di abbracciare nuove ideologie come "filosofia", come "teoria" spicciola appare tremendamente banale e semplicistico.

    CHIUSI NEL NOSTRO GUSCIO - Nessuno ha mai preteso di imporre ad Allegri come giocare o messo in discussione quello - ed è moltissimo - che ha conquistato in carriera. Di meriti ne ha avuti tanti, sia nel suo periodo milanista che nell'esaltante quinquennio alla guida della Juventus - mostrando doti indiscutibili come la gestione di certi campioni o la capacità di leggere le partite. Il calcio moderno richiede però altre peculiarità e banalizzare sistematicamente e ridurre a chiacchiera da bar ogni principio di discussione su aspetti che una volta erano competenza solo degli allenatori è tremendamente sbagliato. E poco rispettoso nei confronti di molti suoi colleghi che hanno scelto percorsi differenti. Forse meno vincenti, ma non per questo sbagliati a prescindere. Da due anni a questa parte, per difendere se stesso, anche dagli attacchi interni subiti dalla parte sportiva della Juve, Allegri ha intrapreso una guerra di religione che nasconde i limiti atavici del nostro calcio ad uscire dal guscio e restare al passo coi tempi. Se Sarri e Pirlo hanno fallito, non è perché hanno provato e stanno provando a cambiare la mentalità della Juve, ma perché la Juve non ha fornito loro gli strumenti per portare avanti la rivoluzione. Il calcio è molto meno semplice di quanto voglia farlo apparire Allegri.

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