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    Caso Seedorf: brucia un'altra bandiera

    Caso Seedorf: brucia un'altra bandiera

    • Alessandro Bristot
    Ci risiamo. Che il tempo delle bandiere nel calcio fosse finito si era capito da un pezzo. Il punto è che ogni volta che trapela questo genere di notizie tutti rimangono a bocca aperta, meravigliati e rattristati allo stesso tempo dalla notizia che piomba come un tuono in una bella sera d’estate. Che il Milan avesse deciso di affidare la panchina a Inzaghi, interrompendo il rapporto con Seedorf, si era capito da qualche settimana. Quello che stupisce è il modo in cui è stato annunciato ufficialmente l’ingaggio del nuovo allenatore e soprattutto il modo in cui si saluta il tecnico in carica.

    ESONERO - Il termine in questione fa correre più di qualche brivido sulla schiena di ogni allenatore. Nei ricordi dei tifosi e addetti ai lavori questo termine è usato per i tecnici che hanno “fallito” nel loro incarico alla guida di una squadra. Non c’è accordo consensuale ma c’è un vero e proprio taglio che spezza un legame tra le parti. La domanda sorge spontanea. In cosa ha fallito Seedorf? Certo non ha portato il Milan in Europa ma non si può dire che abbia fatto male. Che il Milan si aspettasse di più si sapeva, ma non si poteva pretendere che un calciatore ancora in attività potesse, in pochi giorni, essere piazzato sulla panchina di una delle più importanti società del calcio mondiale e che potesse sollevare la squadra da una delle peggiori stagioni dell’era Berlusconi. La questione più importante è se si possa trattare così un allenatore che prima di essere tale è stato una bandiera della squadra rossonera?

    LAST BUT NOT LEAST - La notizia però stupisce fino ad un certo punto. In questo sport la riconoscenza non esiste più da anni. E’ vero che il calcio italiano per tornare agli antichi fasti non può guardare al passato ma questo non vuol dire che si possono strappare così le bandiere. Seedorf è solo “l’ultimo ma non ultimo” esempio di un lungo elenco. Nel Milan il caso più clamoroso rimane quello di Paolo Maldini. L’indimenticato capitano rossonero ha rotto da tempo con parte della dirigenza del Milan dopo una carriera trascorsa interamente con questa maglia. Da anni spera di rientrare in società ma non sembra esserci ancora spazio per lui (nonostante un tentativo sia stato fatto in inverno da Barbara Berlusconi). Lo stesso si può dire di Andrea Pirlo, bollato come giocatore vecchio e inutile alla causa rossonera e lasciato andare via nell’estate 2011. Il numero ventuno della Nazionale ha saputo prendersi una personale rivincita su chi lo screditava, dimostrando di non essere bollito e di avere conservato, nonostante qualche infortunio, la sua classe cristallina. Se il giocatore ha trovato una possibilità di rivincita, l’ha fatto grazie alla fiducia della sua nuova squadra: la Juventus. Quest’ultima però non ha dato la stessa fiducia alla sua personale bandiera: Alessandro Del Piero.  Il divorzio tra la società e il numero dieci bianconero è una ferita ancora aperta nel cuore dei tifosi juventini e degli appassionati di calcio. Il capitano della Vecchia Signora ha voluto continuare a giocare ma per farlo ha voluto salutare l’Italia, visto che non voleva tradire i suoi vecchi colori vestendo la maglia di un’altra squadra italiana.  Meno ruvido, ma per certi versi altrettanto doloroso, è stato l’addio di alcuni campioni dell’Inter del Triplete. Se per Zanetti un ruolo in società è stato garantito per il prossimo futuro, non si può dire lo stesso per Cambiasso. All'estero però le cose non sempre vanno meglio. Se il Manchester United tiene al centro del suo progetto il gallese Giggs (anche al di fuori del terreno di gioco), in Spagna il Real Madrid ha salutato senza troppi sensi di colpa il grande capitano Raul, invitato a cercarsi una nuova sistemazione per lasciare posto alla nuova superstar di turno.

    Insomma tutto il mondo è paese. Augurandoci che ad altre bandiere non sia riservato lo stesso trattamento non resta che augurare le migliori fortune a Filippo Inzaghi. Del passato è stato un simbolo rossonero, del futuro è ancora presto per saperlo. L’importante è che se le cose dovessero andare male SuperPippo non riceva lo stesso trattamento dei suoi illustri ex colleghi, almeno si spera.
     

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