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  • Caso scommesse, basta ipocrisie: questi ragazzi non sono ludopatici, ma vittime di chi li vede come bancomat ambulanti

    Caso scommesse, basta ipocrisie: questi ragazzi non sono ludopatici, ma vittime di chi li vede come bancomat ambulanti

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    Solitamente i giornalisti fanno i salti mortali per cercare argomenti interessanti di cui occuparsi durante la famigerata “sosta per le nazionali”. In questi giorni invece, purtroppo per il calcio italiano, l’argomento principe è stato fornito, ancora una volta, da un’indagine della magistratura che si è abbattuta come un alluvione su alcuni dei nostri calciatori.

    Possiamo anche prendercela con Corona, ma la realtà è che se tutto quello che ha scritto e sta scrivendo sul suo sito fosse stato una montagna di fesserie, si sarebbe preso l’ennesima denuncia della sua carriera e adesso già non ne parlerebbe più nessuno. E invece no, dietro ci sono la Procura di Torino, un'inchiesta penale, ammissioni di colpa degli indagati e strategie difensive dei legali di parte, disposte ad appigliarsi a qualunque cosa pur di ricercare sconti di pena o patteggiamenti. Come è giusto che facciano dei bravi avvocati, per carità.

    Quindi possiamo prendercela con Corona o con la fantomatica "ludopatia", ma il problema non si sposta e non si affronta. Da professionista del settore, che studia e si aggiorna costantemente sui fenomeni "veri" di ludopatia, sui processi preventivi e curativi, nonché sulle disposizioni legislative, mi viene da sorridere quando leggo di gente, anche affermata e titolata, che parla a vanvera di "ludopatia". Parola sconosciuta ai piú fino a pochi giorni fa, adesso più inflazionata del Covid di 3 anni fa. La stessa gente che, come la maggior parte degli appassionati di calcio, giustamente, fa il fantacalcio con gli amici, scommette sui i siti, affolla le ricevitorie (e non è una roba delle nuove generazioni perché mi ricordo bene le code fuori dai tabaccai al sabato per giocare la "schedina"). Tutti ludopatici? No.

    Oppure vogliamo parlare delle pubblicità che affollano siti, social, palinsesti tv, giornali, affissioni per strada, led a bordo campo, maglie delle squadre di calcio e non solo? Per ottenere consenso politico avevano preso in giro tutti col famoso "Decreto Dignità", salvo poi "fare la legge e consentire l'inganno" del www.scommettisututtonews.it. Quindi? Tutti complici dell'epidemia di ludopatia? No, solo tanta ipocrisia.

    La verità è che il barista o il panettiere scommettono 10 euro sperando di azzeccare la combinazione vincente, mentre a questi giovani milionari per avere il brivido della scommessa non bastano i 10 euro, ma ne servono 1.000, 10.000 o 100.000. Ludopatia? Se il tuo stipendio è di 2.000 al mese e ne spendi 200 in scommesse e se il tuo stipendio è di 200.000 al mese e ne spendi 20.000 qual è la differenza? La ludopatia è quando si spende tutto quello che si ha, quando si perdono lavoro, amici, famiglia, quando ci si vergogna di guardarsi allo specchio, quando per giocare si rinuncia a mangiare, a dormire, a parlare, a interagire col mondo, quando si perde la gioia di vivere e la dignità umana. Questa è la ludopatia, paragonabile a qualsiasi altra forma di dipendenza. E questi ragazzi, grazie al cielo, non ne soffrono. Dopodiché, posso concepire che i loro avvocati, come strategia difensiva per attutire le conseguenze sportive, professionali e reputazionali, possano utilizzarla. Ma noi, che non siamo (o non dovremmo essere) gli avvocati di questi superpagati professionisti, dovremmo evitare di accodarci come un gregge di pecore.

    Veniamo ora all'ambito professionale che è quello che interessa a noi, a loro e ai club. Sono nato nel 1979 e da allora il calcio italiano è stato travolto da almeno 5 maxi scandali legati alle scommesse. Più una moltitudine di episodi di minor entità. Mediamente più di uno ogni decennio. E badate bene, prima non c'erano i tablet, i siti, gli smartphone e quindi non diamo la colpa alla "degenerazione della nuova generazione". È sempre stato così, anzi prima l'illegalità la faceva da padrona nel mondo delle scommesse dato che era proibito per tutti. Adesso lo è solo per chi pratica sport a livello professionistico ed è questo uno dei motivi per cui questi ragazzi scommettevano o scommettono sui siti illegali.

    Di certo, a differenza di quanto accadeva 40 anni fa, è esclusa l'ipotesi che lo facciano per guadagnare di più, anzi. Per lo più, questi giovani calciatori non hanno un minimo di cognizione matematica, tanta presunzione di conoscere la materia, molti soldi a disposizione e tanta gente disposta a far loro credito: tutti elementi che ne fanno ottimi clienti per chi gestisce il banco. Soprattutto illegalmente. Da questo punto di vista, questi ragazzi sono "vittime". Non vittime della ludopatia ma da chi li vede come ricchissimi bancomat ambulanti a cui spillare quattrini. E in questo dovrebbero aiutarli e tutelarli gli agenti e le società. Anche se non è facile. E dipende sempre e comunque dalla loro capacità di controllarsi e sulla loro concezione di professionalità.
     
    Una volta c'erano i bravi dirigenti che di notte giravano per le discoteche di Milano a pizzicare i giocatori che tiravano tardi e si ubriacavano. Anche quello era ed è un divertimento. Concesso a tutti i ragazzi di 20 o 30 anni. Ma che mal si abbina con chi fa il calciatore professionista strapagato. Tanti soldi in più e qualche restrizione in più. Alcune scritte sui contratti e sulle norme federali, altre no. Ma un professionista le deve conoscere e sapere che se non le rispetta deve assumersi la responsabilità delle conseguenze. Se sei un professionista e ti beccano positivo all'antidoping vieni squalificato, se ti beccano a scommettere idem, se l'allenatore si accorge che al venerdì sera ti sei ubriacato in discoteca, alla domenica ti mette in panchina, ma di certo non ti giustifichi dicendo che sei un alcolizzato no?

    Perciò non facciamone un dramma e non ci inventiamo che stavano giocando a Poker o a BlackJack perché quello è consentito anche a loro sulle piattaforme legali. Prenderanno una squalifica e poi, essendo giovani, torneranno più forti di prima. E anche più ricchi perché avranno la consapevolezza che i mesi di stipendio trattenuti dai club durante la squalifica saranno per loro molto più cari di tutte le scommesse sbagliate. Magari questo servirà da esempio a qualche altro calciatore ma non illudiamoci che tra meno di 10 anni non scoppi un altro scandalo legato alle scommesse.  Del resto la storia ci insegna che lo sport è da sempre legato al pronostico dell'esito delle gare e dunque alla scommessa. Fin dalle Olimpiadi dell'Antica Grecia. Mi pare che all'epoca non fosse ancora nato Fabrizio Corona.

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