FALLO LATERALE: Caro Zeman, se la Roma è noiosa, il tuo calcio fa sorridere
Nascosta dai balbettii italiani in Champions, dal malinconico addio dell’amletico Moratti e dalla comica finale del Napoli che dimentica due giocatori in Svizzera, la notizia è giustamente passata inosservata. "La Roma gioca un calcio noioso": Zeman dixit.
D’istinto, la battuta sarebbe : “Il suo, invece, fa ridere”. Ma che il calcio del tabagista boemo diverta soprattutto giocatori (e tifosi) che incontrano le sue squadre poco conta. Conta la sua eterna perseveranza a galleggiare nel mito, ad essere una specie di idolo del binario morto da omaggiare e riverire, ma da non prendere troppo sul serio. Il diligente Stramaccioni, fra i suoi referenti e maestri, ci ha messo pure lui. “E’ un’utopia da amare”, ha detto con un certo acume. Come dire: l’impossibile da realizzare, ma da tenere nel cuore; nell’intelletto no! Più che un’utopia, Zeman pare un concretissimo mistero.
Appena torna in serie A, dopo il successo con una provinciale di B, dura lo spazio di un mattino. In una grande squadra con qualche partita magistrale s’illumina d’immenso, poi s’incenerisce d’incenso. Nel girone di ritorno lo invitano cortesemente ad andarsene, ma lui lascia dietro di sé il profumo balsamico d’un santone cacciato dal tempio. E’ l’unico che dopo lo scacco (pressoché ripetuto) non subisca lo smacco. Anzi, ricomincia senza variare una virgola, un accento tattico. Le becca sonoramente con quel suo calcio ottocentescamente garibaldino, ma per uno strano effetto mitologico le 3 o 4 sconfitte di fila sono immediatamente riscattate da una vittoria altisonante. E’l’unico ad essere amato dopo le umiliazioni che infligge alle sue squadre.
Qual è dunque il segreto della zemania? Gli ingredienti sono tanti. Il primo, il più semplice, consiste in un sapiente, quanto elementare marketing antijuventino. Ripetuto come un mantra, strega tutti quelli che sono contro la vecchia signora. Il secondo, più subliminale e profondo, consiste nel suo volto, nella sua voce, nel suo sguardo: egli non pare umano. La sua struttura sintattico-fonetica totalmente monocorde e priva di ogni complicazione, dagli articoli ai tempi verbali più complessi, è primitiva e astorica. La sua faccia che non tradisce alcuna espressione è fissa, lignea. Chi parla non è un essere umano. E’ una specie di totem, di idolo preistorico che emette sentenze inoppugnabili. Una roccia prodigiosamente animata, che si rivolge alla foresta mediatica da altezze o profondità incommensurabili.Devoti, i tifosi, i giornalisti, i dirigenti, i magazzinieri, gli si inchinano.
E’ però una voce che proprio perché proviene da un oltremondo calcistico, alla fine più di tanto non viene ascoltata. Solo i cadetti, i giovani calciatori alle prime armi seguono disciplinatamente il decalogo militaresco e soprannaturale del ceco. Ci vogliono personalità ancora plasmabili, altrimenti finisce come con De Rossi e gli scalini delle gradinate non sembrano metodi di allenamento così taumaturgici. Nonostante i risultati, un palmarés assai piatto, Zeman dopo ogni naufragio riemerge, con qualche sigaretta e qualche certezza in più. Non ha bisogno di alcuna evidenza a cui adeguarsi. I risultati sono un optional per il Golem di Praga, creatura alchemica che parla e agisce da altri mondi non umani.