Caro Napoli, il calcio non è un pranzo di gala
Quanto sta accadendo intorno al Napoli merita una riflessione. La squalifica, fino al 15 marzo, del buon Eduardo De Laurentiis perché nell’intervallo avrà mandato a quel paese l’ineffabile Mazzoleni, è la sintesi di un paradosso, ma anche la fotografia di una realtà. Qualcuno pensava che mandando Moggi al patibolo il mondo del pallone si sarebbe ripulito da antiche sopraffazioni. Sono solo cambiati gli equilibri all’esito di uno scontro senza esclusione di colpi, non dei buoni contro i cattivi, ma tra centri di potere, che persino nel processo in corso a Napoli ha trovato degli epigoni salienti.
Ogni partita di calcio continua ad essere fatta, oltre che dai novanta minuti di passione, anche da un prima, un dopo e un durante. La squadra, pur con pochi giocatori di classe, ha coperto con grinta, voglia di vincere e qualche malatia, di quelle ci fanno sobbalzare le coronarie, lo spazio del calcio giocato. E noi la ringraziamo.Ma per il resto, senza professionalità non si va lontano. Con il potere o ci si scontra sul serio, senza vittimismi e senza masanielli, o si media in maniera intelligente. Una società che guarda lontano deve capire che il calcio non è una ribalta per dilettanti allo sbaraglio. Protestare con gli arbitri e denunziare le sudditanze psicologiche non significa: “facimme ammuina”. Se il problema c’è, allora va sollevato, in maniera seria e condivisa, rivendicando il diritto di essere trattati con il rispetto che si deve ad una realtà calcistica ed imprenditoriale. Per fare questo bisogna crederci ed esporsi, con l’umiltà e la forza che solo un rapporto vero con la città ed i tifosi può restituire. Altrimenti meglio cercare qualche sponsor che conta all’interno del Palazzo ed adeguarsi. Insomma bisogna uscire dal guado, ed anche presto, per evitare di trasformare una esaltante stagione in un campionato deludente. E’ vero, i progetti hanno tempi ed investimenti programmati ma il pallone, per fortuna, nonostante tutto, è ancora rotondo e nel calcio le occasioni non sempre si ripetono. Insomma nun ce facimme levà ‘a pazziella ‘a mano.