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Caro Conte, il contropiede è un’arte e non un reato: ha ragione Capello, l'Inter lo usa (bene)
Il contropiede è un’arte, non un disonore. E non è necessariamente una tattica speculativa: mi chiudo, mi difendo a oltranza e poi ti frego. A volte è una necessità, dovuta alle caratteristiche dei calciatori che hai a disposizione: se i tuoi centrocampisti non sono abili palleggiatori, diventa quasi inevitabile lasciare la palla agli avversari e consentire loro di fare di più la partita. E anche se i tuoi attaccanti sono più adatti a giocare negli spazi è conveniente lasciare loro davanti molti metri di campo, coprendoti un po'. E’ insomma un modo di fare calcio assolutamente apprezzabile e che può essere più spettacolare del tiki-taka, il quale (dipende dalla qualità degli interpreti) rischia di diventare stucchevole. E fa parte della storia del calcio italiano: ci abbiamo costruito attorno il titolo mondiale dell’82, ad esempio, e Conte dovrebbe sapere con quanto profitto ne abbia fatto uso il suo maestro Trapattoni.
Il Napoli contro l’Inter ha avuto il 56 per cento di possesso palla, quasi inevitabile che i nerazzurri abbiamo giocato in contropiede. Ed è così che sono nati tutti e tre i gol nerazzurri: palla rubata, o persa dagli avversari, e contrattacco devastante. Eppure, nonostante la squadra di Gattuso abbia avuto per più tempo il pallone tra i piedi, nessuno si sogna di dire che quella di Conte non meritasse di vincere. Anzi, la legittimità del successo dell’iInter è fuori discussione: è stata più efficace, più concreta e più bella del Napoli. Se lo ha fatto grazie al contropiede, non cambia nulla: ancora non è un reato.
@steagresti