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Caro Ale, noi c'eravamo: lettera di un tifoso per un compleanno speciale
di Luca Patrone
“[...] Grazie a tutti, ragazzi. Godiamocela, ce la siamo meritata. Io c'ero, voi c'eravate. Noi c'eravamo. E ci siamo, finalmente. Siamo tornati. Alessandro (06-05-2012)”.
Già, noi c’eravamo, eccome.
Ma c’eravamo anche quando la splendida favola iniziò, quel 4 dicembre 1994. Avevi compiuto vent’anni da meno di un mese e le partite si ascoltavano ancora alla radio: proprio “nel mezzo del cammin” della tua vita. La Juventus, sotto di due gol al Delle Alpi, era pervenuta al rocambolesco pareggio contro la Fiorentina grazie a una doppietta di Gianluca Vialli. Ed ecco arrivare l’insperato suggello al minuto ottantasette, annunciato da un flemmatico Sandro Ciotti in radiocronaca diretta: un gesto sportivo passato agli annali come uno tra i più sensazionali della storia del calcio italiano per coordinazione, potenza, acrobazia. Superfluo ricordarne la dinamica, quella rete è diventata ormai leggenda, stampata nella memoria collettiva. Quel giorno nasceva di fatto la “Juve di Lippi” che mieterà, come un rullo compressore, titoli a profusione nelle stagioni a venire. Noi c’eravamo, a Tokyo, quasi esattamente due anni dopo. In Italia un umido mattino d’autunno, tra i tifosi smaniosi di liberarsi da ogni impegno per radunarsi, a un orario del tutto insolito, nel bar del paese e assistere all’incontro contro il temibile River Plate di Ramón Díaz. A una manciata di minuti dal termine, la zampata vincente sugli sviluppi di un angolo: una perla di raro opportunismo. Così, dopo undici anni, riportavi la Juve sul tetto del mondo.
Noi c’eravamo, a Udine, quel maledetto pomeriggio, vigilia del tuo ventiquattresimo compleanno, a urlare di dolore con te quando i legamenti del ginocchio sinistro cedevano: quasi un anno di stop, nel momento forse più brillante di un’intera carriera. Eravamo a Bari, nel febbraio 2001, a commuoverci per la rabbiosa rete “della rinascita” dedicata a papà Gino scomparso da appena qualche giorno.
Ed eravamo al Westfalenstadion di Dortmund il 4 luglio 2006, a “purgare” a casa loro gli eterni rivali tedeschi, guidandoti a distanza col tuo taglio da Marine e il numero 7 (come ai tempi dei Giovanissimi del Padova) sulla maglia azzurra, in quell’indimenticabile volata in contropiede che al 120’ ci regalava la Finale mondiale.
Così come eravamo, qualche mese dopo, ad ammirare l’assoluta fedeltà e la decisa volontà, mai messa in dubbio, di rimanere saldamente al timone di una nave alla deriva, con la fascia di capitano sempre al braccio, a mangiare la terra di improbabili terreni di gioco, con immutato impegno e il fermo proposito di rientrare al più presto nel calcio che conta, dopo lo shock di un anno di purgatorio, del quale tu non avevi alcuna colpa. Eravamo al monumentale Santiago Bernabeu il 5 novembre 2008, per unirci all’allibito ed estasiato pubblico madrileno nella standing ovation tributata al primo giocatore di una squadra italiana a realizzare una doppietta vincente nel tempio spagnolo.
C’eravamo, il 13 maggio di due anni fa, ad accompagnarti durante l’ultimo, trionfale, interminabile giro di campo, e a piangere di gioia per il titolo forse più caparbiamente ottenuto e meritato. Sul campo, come va di moda dire.
Poi, dopo il tripudio, la separazione, forse inevitabile, e il doloroso addio.
C’eravamo eccome, a emozionarci l’ultima volta per un pezzo di storia, un quinto di secolo bianconero che se ne andava. Dopo il quinquennio-Platini e il quinquennio-Baggio, si chiudeva anche il fantastico ventennio-Del Piero: 705 presenze con la maglia bianconera, 290 reti, tra cui otto triplette e quarantuno doppiette. Numeri impressionanti che ancora oggi danno i brividi. E adesso, dopo l’avventura agli antipodi alla scoperta del pianeta Australia e il recente passaggio in India, l’attesa (nostra) di un futuro ritorno, chissà come, dove e quando.
Fa’ con calma, noi c’eravamo, ci siamo e ci saremo. Intanto goditi i tuoi primi quarant’anni, di cui almeno venti davvero spesi bene: auguri di cuore, Pinturicchio.