Caracciolo: 'Ero pronto a smettere di giocare per il Brescia, ma Cellino...'
"Ero pronto a smettere di giocare pur di rimanere a Brescia, ma così non è andata. Visto che mercoledì non si giocherà a Terni, la sera prima andrò a vedere la gara con il Palermo. Intanto spero faccia bene Corini, un bravissimo ragazzo che mi ha sempre aiutato, mi sarebbe piaciuto ricambiare".
"La Serie C è un campionato difficile. Il Monza ha giocato a calcio e non ci ha fatto capire niente... Non si vince per il nome che si porta. I rinvii? Una situazione assurda, nella quale non voglio entrare. C’è stata mancanza di rispetto nei confronti delle società, dei giocatori e del pubblico. Conoscevo già l’anima delle squadre di mister Toscano. Una volta ad Avellino ho segnato su punizione e abbiamo avuto un battibecco. Viviamo di emozioni forti...".
"Social? Quasi nulla. Preferivo il mondo senza i cellulari. Ora internet ci dà una mano ma il problema è l’abuso. I giovani si perdono tante cose perché hanno gli occhi sempre sul telefono. Il mondo reale invece è un altro: poter guardare una persona negli occhi, parlarci, è diverso che scrivere messaggi. E poi non è neanche bello far sapere a tutti dove sei. Ci lamentiamo della poca privacy, ma siamo i primi a postare tutto".
"Coi miei gemelli Beatrice e Riccardo avremo visto 10 minuti di partite insieme nei quasi 7 anni di vita. Riccardo mi chiede perché la gente a Brescia mi fermi per strada chiedendomi foto e autografi. Gioca anche lui, l’ho iscritto nelle giovanili della Feralpisalò. Beatrice invece si sente più una ballerina, anche se quando giochiamo con la palla in casa tira certe stecche...".
"I miei allenatori più importanti? Per andare d’accordo con me basta essere leali e sinceri, non accetto le bugie. Ho ottimi ricordi di Calori e Cosmi, Iachini è stato come un padre, con Giampaolo ho lavorato poco ma quest’estate l’ho rivisto per l’amichevole con la Sampdoria e sembrava non ci fossimo mai lasciati. Poi Delneri, e Cagni lo sento ancora: a Brescia non mi sono mai divertito come con lui. Ci diceva che il suo Piacenza andava a duemila all’ora, ci mostrava i video e li montava a velocità doppia per dimostrarlo. Mazzone è un mito, fa parte di un altro calcio: bastava una parola e lo seguivano tutti".