ANSA
Campionato, scudetto e stipendi, quanta indecenza! Vogliamo i maxi schermi davanti ai supermercati?
Campionato? Metteremo i maxi schermi alle file davanti ai supermercati? Campionato è finito, chiuso. Finito e chiuso nella realtà: a maggio non è detto potremo uscire di casa, forse un giorno di maggio, chissà quale, forse.
Finito e chiuso il campionato di Serie A nella mia testa, nella mia giornata di questi indefinibili giorni il calcio non c'è, non ci può essere. E non so cosa possa esserci nella testa di chi crede il campionato possa ripartire a maggio.
Qualunque cosa ci sia, è fuori dalla realtà: ieri, appena ieri, per la prima volta da un mese la velocità di incremento del contagio è calata. Se questo dato si consolida oggi e domani, allora parte il conto alla rovescia di tre mesi per uscirne, quasi del tutto, e uscire, quasi del tutto. Tre mesi, novanta giorni fanno giugno. Se provo a pensare, oggi, al calcio mi viene in mente Atalanta-Valencia giocata a Milano appena qualche settimana fa. Una tavola di corpi umani apparecchiata per coronavirus. Non ce l'ho con niente e nessuno, il senno di poi non può essere metro di giudizio.
In Cina hanno reagito con ritardo, non mancando di negare, all'inizio. E così han fatto tutti e ancora fanno: l'Italia, la Corea, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, gli Usa...Tutti non hanno voluto credere e hanno provato a rimuovere l'evidenza. Il calcio e lo sport tutto hanno anche loro negato l'evidenza e agito e reagito malvolentieri contro l'epidemia, quindi Atalanta-Valencia giocata a Milano. Senza particolare colpa di nessuno, una culla e moltiplicatore di contagio. Non posso non pensare quella partita senza associarla al morto ogni due minuti qui e oggi e a quel crudelissimo morire da coronavirus che è morire da soli, senza ultime parole, ultimo sguardo, ultimo contatto umano. Quindi calcio...non ora.
Campionato, scudetto a chi? Pensiero e preoccupazione senza pudore. Non si assegni, punto. Discretamente indecente mormorio di fondo sul taglio degli stipendi dei calciatori, discretamente indecenti supercazzole per dire in sostanza: vediamo se, quanto, come... L'indecenza sta nel fatto che verranno, vengono tagliati (se non travolti) risparmi, aziende, botteghe, lavoro, redditi e quando sarà finita ci sarà gente non poca che avrà bisogni di soldi che non ha, per mangiare, pagare affitto, pagare dipendenti, riaprire. Ed è quindi indecente provare a sottrarsi. Giusto è stato smettere di farli giocare, non sono gladiatori. Giusto è tagliare stipendi, la loro, chiamiamola così, cassa integrazione non merita l'indecenza di un dubbio o di una renitenza.
Ma se si torna a giocare, se riparte il campionato? Già, facciamolo ripartire a maggio. Mattiamo i maxi schermi alle file davanti ai supermercati e alla farmacie magari anche nei corridoi delle terapie intensive, così medici e infermieri si distraggono un po'... Tanto andrà tutto bene. No, non va tutto bene, anzi va male come non mai. E di fronte al male che va, l'unica e la migliore è un razionale, civile, decente, umano, composto e commosso silenzio. Anche per il calcio.
Finito e chiuso il campionato di Serie A nella mia testa, nella mia giornata di questi indefinibili giorni il calcio non c'è, non ci può essere. E non so cosa possa esserci nella testa di chi crede il campionato possa ripartire a maggio.
Qualunque cosa ci sia, è fuori dalla realtà: ieri, appena ieri, per la prima volta da un mese la velocità di incremento del contagio è calata. Se questo dato si consolida oggi e domani, allora parte il conto alla rovescia di tre mesi per uscirne, quasi del tutto, e uscire, quasi del tutto. Tre mesi, novanta giorni fanno giugno. Se provo a pensare, oggi, al calcio mi viene in mente Atalanta-Valencia giocata a Milano appena qualche settimana fa. Una tavola di corpi umani apparecchiata per coronavirus. Non ce l'ho con niente e nessuno, il senno di poi non può essere metro di giudizio.
In Cina hanno reagito con ritardo, non mancando di negare, all'inizio. E così han fatto tutti e ancora fanno: l'Italia, la Corea, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, gli Usa...Tutti non hanno voluto credere e hanno provato a rimuovere l'evidenza. Il calcio e lo sport tutto hanno anche loro negato l'evidenza e agito e reagito malvolentieri contro l'epidemia, quindi Atalanta-Valencia giocata a Milano. Senza particolare colpa di nessuno, una culla e moltiplicatore di contagio. Non posso non pensare quella partita senza associarla al morto ogni due minuti qui e oggi e a quel crudelissimo morire da coronavirus che è morire da soli, senza ultime parole, ultimo sguardo, ultimo contatto umano. Quindi calcio...non ora.
Campionato, scudetto a chi? Pensiero e preoccupazione senza pudore. Non si assegni, punto. Discretamente indecente mormorio di fondo sul taglio degli stipendi dei calciatori, discretamente indecenti supercazzole per dire in sostanza: vediamo se, quanto, come... L'indecenza sta nel fatto che verranno, vengono tagliati (se non travolti) risparmi, aziende, botteghe, lavoro, redditi e quando sarà finita ci sarà gente non poca che avrà bisogni di soldi che non ha, per mangiare, pagare affitto, pagare dipendenti, riaprire. Ed è quindi indecente provare a sottrarsi. Giusto è stato smettere di farli giocare, non sono gladiatori. Giusto è tagliare stipendi, la loro, chiamiamola così, cassa integrazione non merita l'indecenza di un dubbio o di una renitenza.
Ma se si torna a giocare, se riparte il campionato? Già, facciamolo ripartire a maggio. Mattiamo i maxi schermi alle file davanti ai supermercati e alla farmacie magari anche nei corridoi delle terapie intensive, così medici e infermieri si distraggono un po'... Tanto andrà tutto bene. No, non va tutto bene, anzi va male come non mai. E di fronte al male che va, l'unica e la migliore è un razionale, civile, decente, umano, composto e commosso silenzio. Anche per il calcio.