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  • Cambiare padrone?| Non solo rischi

    Cambiare padrone?| Non solo rischi

     Quando finisce un amore c'è sofferenza, nessun sorriso e lacrime da versare in silenzio sulla spalla di qualche amico fidato. Nel calcio quando finisce un'epoca, specie se è stata densa di successi e soddisfazioni, le sensazioni non sono meno amare. Il Livorno dopo tredici anni su cui gli storici esprimeranno un giudizio tra un paio di lustri, si trova nella condizione di inventarsi il domani. Sì perché Aldo Spinelli ha detto e ribadito di essere vicino a mollare gli ormeggi e dopo di lui, per ora, c'è il nulla sotto vuoto spinto. Cosa dobbiamo aspettarci dal 2012? Nessuno può dirlo. Però leggendo gli almanacchi possiamo capire che cosa è successo alle società che dopo molti anni hanno cambiato proprietario. Il nostro è un giro d'Italia che parte (immancabilmente) da Genova per finire a Pisa. E' la storia di grandi dinastie. In una parola. La storia del nostro calcio.  Il Genoa. Nel 1997 si chiude dopo 12 anni l'epoca Spinelli: un periodo indimenticabile per i colori rossoblu. Basti pensare alla promozione in A del 1989, al quarto posto assoluto due anni dopo e alla semifinale di coppa Uefa nel 1992 anno in cui il Grifone espugna l'Anfield Road di Liverpool. Dopo Sciu Aldo, però il Genoa va in sofferenza. In sei anni si alternano tre gruppi e tre presidenti: Massimo Mauro, Gianni Scerni e Luigi Dalla Costa. La società rischia il fallimento e nel 2003 i rossoblu retrocedono addirittura in C e vengono ripescati solo per il caso Catania che allarga la B a 24 squadre. Il sereno torna solo con la gestione Preziosi, in sella dal 2003. Insomma: il post-Spinelli non è stato indolore.  L'Atalanta. Tra le provinciali è un esempio. Chiusa nel 1990 dopo quindici anni l'epoca Bortolotti, da allora si sono alternate alla guida della Dea due famiglie: i Ruggeri e i Percassi. Antonio Percassi, ex difensore nerazzurro, è il presidente attuale. Ciò che sta facendo l'Atalanta è sotto gli occhi di tutti. L'ultimo campionato di serie C risale alla stagione 1981/82. Poi altalena tra B e A e anche qualche bel viaggetto in Europa. Attenzione, però: la realtà di Bergamo è una delle più ricche e operose d'Italia. Non paragonabile alla nostra.  Il Bari. La famiglia Matarrese è alla guida del club pugliese dal lontanissimo 1997. La società, però è in vendita dal quasi 5 anni. Pensate. Nel 2007 il sindaco di Bari Emiliano propose l'acquisto dei galletti ad Abramovich, il patron del Chelsea che però declinò l'offerta. Da quest'anno il presidente è l'ex dirigente amaranto Claudio Garzelli. Il Bari, dopo essere retrocesso in C nel 2004 (e poi ripescato) nel 2009 è tornato in A per rimanervi due stagioni. Adesso vivacchia, come noi, in serie B e ha già due punti di penalizzazione per mancato pagamento dei contributi ai tesserati. Il cielo è nero sopra il San Nicola.  Il Lecce. A luglio, dopo sedici anni, la famiglia Semeraro ha lasciato i salentini. Il cda ha nominato presidente Isabella Liguori e amministratore delegato la nostra vecchia conoscenza Renato Cipollini. Il Lecce sta facendo brutte figure in serie A, peraltro annunciate dall'addio di De Canio, il tecnico della salvezza dello scorso anno, che in estate ha salutato tutti perché in disaccordo con la politica della società.  Il Piacenza. Quello degli emiliani è un caso limite. La famiglia Garilli, in plancia di comando dal 1983, con la retrocessione in Lega Pro della scorsa primavera ha portato avanti un programma di minima fino al 28 ottobre scorso quando ha ceduto la società al gruppo "Italiana srl" che fa capo all'avvocato Gianfranceschi. Tutto risolto, quindi. Ma intanto adesso dopo anni di caviale e champagne, a Piacenza vanno avanti a pane e culatello.  Il Pisa. La storia dei cugini è arcinota. Anconetani mollò nel 1994 una società piena di debiti che fu costretta a ripartire dall'Eccellenza. Poi la lenta risalita anche grazie agli imprenditori locali Gerbi e Posarelli. Infine ci fu il periodo degli avventurieri. Covarelli e poi Pomponi. La squadra nel 2008 sfiorò la serie A, ma era un gigante dai piedi d'argilla. Nel 2009 la retrocessione e l'annegamento nel mare di debiti. La partecipazione alla serie D e poi la prima divisione. Con il duo Battini-Cammilli che si è sciolto ben presto a causa del disimpegno del patron del Grosseto. Ora la squadretta nerazzurra sta facendo benino grazie a un gruppo di giovani. Ma "del dimàn" non v'è certezza.  Conclusioni. Spinelli via o no, il Livorno merita una gestione che coniughi ambizioni e bilancio in ordine. Sciu Aldo spesso ha immolato le prime sull'altare del secondo. Se il 2012 fosse l'anno dell'addio, il patron non può sfuggire ad un'ultima raccomandazione: «Ci lasci in buone mani».

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