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    Calcio femminile e coronavirus: il problema non è il calendario, ma 'sopravvivere'

    Calcio femminile e coronavirus: il problema non è il calendario, ma 'sopravvivere'

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Quando riprenderà il calcio femminile? I campionati saranno portati a termine? Ma, soprattutto, quali saranno le conseguenze di questa spaventosa pandemia sull’intero movimento?

    La preoccupazione è tanta e fondata perchè le società non sono tutte espressione del calcio maschile professionistico, ma alcune sono ancora società dilettantistiche, poco o per nulla strutturate per reggere la crisi che si abbatterà sull’intero sport nazionale. 

    Intanto una notizia dalla quale necessariamente partire: l’Uefa ha spostato l’Europeo (Inghilterra) dall’estate del 2021 al 2022. Questo permetterà di chiudere certamente questa stagione e di affrontare la prossima senza vincoli di date per le Nazionali. Sia perché le direttive Fifa (contratti validi oltre il 30 giugno) ovviamente valgono anche per le donne. Sia perché la serie A e B femminili hanno solo sei partite (più qualche recupero) da disputare. Per la Coppa Italia si vedrà (siamo al ritorno dei quarti, eccezion fatta per la Roma che è già in semifinale), ma problemi non ce ne saranno perchè, in pura teoria, si può giocare anche a settembre/ottobre e ripartire con la nuova stagione a novembre. Come detto, infatti, un torneo a dodici squadre con soste ridottissime per le Nazionali (le qualificazioni si sarebbero concluse a in autunno) non è difficile da riprogrammare. 

    Ciononostante se, come sembra, la serie A maschile ricominciasse a fine maggio, è assai probabile, per non dire certo, che le donne si collocherebbero alla stessa data.

    La questione, dunque, non è ripartire, né finire, meno che mai assegnare lo scudetto (Juve nettamente in testa) o determinare le retrocessioni (Napoli, Lazio o San Marino, ovveri i contendenti per la promozione dalla B alla serie A, possono stare assolutamente tranquilli). L’incognita è cosa faranno grandi e piccole società quando ci sarà da affrontare la stagione sportiva 2020-2021. In serie A - e solo per fermarci a quella, anche se non è giusto - le squadre diretta emanazione di club professionistici sono otto: Juventus, Fiorentina, Milan, Roma, Sassuolo, Empoli, Inter, Hellas Verona. Quattro, invece, sono i club detentori anche di una grande tradizione, ma del tutto dilettantistici: Florentia di San Gimignano, Pink Bari, Tavagnacco e Orobica. La Florentia ha fatto un ottimo campionato e non credo che pensi di mollare. Delle altre una su tre retrocederà (l’Orobica, mentre la seconda uscirà da Tavagnacco, Pink Bari e Hellas Verona).

    Tuttavia il nodo non riguarda solo i club non professionistici e, soprattutto, la questione non si risolve spedendole in B. Il problema è che una crisi di liquidità, come può verificarsi quando il presidente è uno e provvede a tutto, è in grado di mandare all’aria una storia ultra decennale. L’anno scorso, tanto per non andare troppo lontano, saltarono per aria sia il Chievo (squadra affiliata ai professionisti), sia il Mozzanica (solo simbolicamente apparentabile all’Atalanta che, al massimo, forniva il materiale tecnico). 

    Il coronavirus, che migliaia di vittime ha mietuto tra le persone, si incaricherà di tarpare le ali anche ad un movimento in felice ascesa? Ed eventualmente quanto tempo dovrà passare prima che i risultati internazionali arrivino anche per i club, dopo il grande Mondiale della Nazionale in Francia?

    L’unica consolazione è che le grandi società (Juventus, Fiorentina, Milan, Inter e Roma) non possono permettersi di uscire dal calcio delle donne dopo appena qualche anno. E che, fortunatamente, la serie A conta su tre grandi sponsor: Sky, Tim Vision e Esselunga. 

    Nessuno si tirerà indietro (chi perchè ci crede, altri per ragioni di politically correct), ma il rischio di una frenata nella crescita è nei fatti. Ai progetti (e alla sagacia) dei dirigenti il compito di allontanarlo.

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