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    Calcio e statistica: il modello Brentford/Midtjylland

    Calcio e statistica: il modello Brentford/Midtjylland

    L’algoritmo è più importante della classifica. Con questa frase si riassume la filosofia di Rasmus Ankersen, trentaduenne amministratore delegato del Midtjylland, club danese di prima divisione che sta vincendo il suo campionato con 9 punti di vantaggio sull’FC Copenhagen.

    Il suo modello manageriale che mette l’analisi statistica al centro di tutte le decisioni del club è di dominio pubblico e recentemente è stato raccontato in un pezzo del sito web olandese Decorrespondent.nl che indaga sull’impatto della statistica sul calcio al punto da affermare - in maniera provocatoria, già col titolo - che “il calcio è dominato dalla statistica più che dagli uomini”.

    L’iperbole giornalistica è accantivante, ma è lo stesso Ankersen a dare alcune risposte che la riducono a semplificazione poco veritiera. La sua ascesa al ruolo di amministratore del club per il quale ha giocato in passato è stata resa possibile in seguito all’acquisto della squadra da parte di Matthew Benham, imprenditore sportivo che ha portato il Brentford ai vertici della Championship inglese (attualmente è settimo con un punto in meno di Ipswich e Derby) adottando nelle decisioni del club un modello statistico che già gli aveva reso moltissimo come scommettitore. I due si erano conosciuti grazie al libro di Ankersen “Gold mine effect”, un bestseller su come individuare e valorizzare i talenti.

    I successi dei due club fanno risuonare una domanda: fino a che punto i numeri dominano il calcio, ovvero lo sport unanimemente ritenuto il meno statistico del mondo?

    Dire che l’algoritmo conta più della classifica non significa trascurare la classifica, ma definire prima di tutto uno stile manageriale. Ciò che pare incontestabile è che in una organizzazione avere metodo permette di vincere molto più che attraverso la pura improvvisazione. Quando si hanno delle priorità e queste priorità vengono rispettate anche nei giudizi sulle performance l’organizzazione non può che giovarsene.

    Difficile imporre questo principio nel nostro calcio in cui si dice di puntare alla salvezza e si esonera un tecnico quando si trova al quart’ultimo posto in classifica (quindi teoricamente salvo, ovvero in linea con l’obiettivo dichiarato). Difficile, in Italia, capire ad esempio la longevità di Arsene Wenger all’Arsenal, un tecnico che non vince la Premier da 10 anni ma nei suoi quasi 20 anni ha ottenuto una media di titoli vinti superiore a quella della storia del club, e negli ultimi 10 anni ha rispettato la vera priorità che gli è stata imposta: portare la squadra in Champions e far quadrare i conti. Nella nostra cultura calcistica i giudizi assoluti sono all’ordine del giorno, e questo oltre a rinchiuderci in un recinto ci penalizza in prospettiva.

    Dire che il calcio è dominato dalla statistica è pura provocazione. La statistica è la lettura di ciò che accade effettuata con strumenti ben più evoluti dell’occhio umano. Sono sempre gli uomini a dominare il calcio, ma attraverso la statistica lo possono fare in due modi. Continueranno a farlo con le loro decisioni, ma la capacità di leggere gli eventi e non vedere nel calcio uno sport fatto solo di episodi diventerà un ulteriore passo per controllare il più possibile questo sport.

    La statistica è uno strumento, e tutti lo sanno. Il punto è come viene usata. Analizzare una partita con i sistemi moderni (in Italia il principale appartiene a Panini digital) e poi non dotarsi di una rete di osservatori e professionisti in grado di trasferire la conoscenza ai calciatori è come pretendere di passare un esame solo acquistando un libro. Cosa conta a quel punto? L’uomo o il numero?

    Ankersen utilizza strumenti avanzati dai quali trarre le indicazioni per scegliere nel modo più corretto. La sua è in qualche modo una autodenuncia: non posso sapere tutto ma ho strumenti che possono dirmi molto, per questo delego parte delle mie scelte ad un sistema algoritmico.

    Il punto di partenza: le mie scelte non potranno mai essere giuste al 100%, ma avranno maggiori possibilità di essere corrette se supportate da uno strumento meno fallace dell’esperienza individuale.

    Non dimentica, Ankersen, che nel calcio esiste la casualità, infatti spiega che i 9 punti di vantaggio sul Copenhagen sono frutto anche della fortuna della sua squadra e della sfortuna degli avversari. Non pretende di creare - senza mezzi economici adeguati - un super club europeo.

    Si limita a combinare elementi per ottenere il massimo dalle performance dei suoi giocatori, consapevole che qualche elemento accidentale potrebbe non garantirgli il primo posto. Non vincerà la Champions, ma nel frattempo ha scoperto di poter vincere il modesto campionato danese.

    Prendete la Roma dello scorso anno. Cosa dire a una squadra che raggiunge il suo record storico di punti proprio nell’anno in cui qualcuno stabilisce il record assoluto di sempre? Eppure a poco meno di un anno di distanza tutti sembrano aver dimenticato quella lezione e la situazione sembra fuori controllo. Cosa sarebbe stato se quello stesso risultato fosse arrivato grazie ad un modello di management radicale come quello di Ankersen e non in maniera casuale al punto che il marzo 2015 sembra aver portato indietro le lancette di quasi due anni, al clima post finale di Coppa Italia del 2013? Quantomeno consapevolezza.

    Può sembrare strano ma il radicalismo più puro nasconde il relativismo più estremo. Due elementi difficilissimi da combinare in uno sport che non considera mai un fattore decisivo come il tempo e non vede di buon occhio il perseguimento di obiettivi intermedi. In realtà tutti sanno questo. Del resto le stesse società di analisi statistica non potrebbero lavorare per quasi tutti i maggiori club se qualcuno pensasse che nei dati c’è la soluzione e la chiave della vittoria.

    Se così fosse nessuno accetterebbe di avere lo stesso fornitore dei competitor. Anche qualora una società (il Manchester City ad esempio lo fa), decidesse di elaborare internamente i propri dati, non avrebbe nessun vantaggio a privarsi dei sistemi altrui. Sarebbe come precludersi la possibilità di attingere a conoscenze altrui comunque a disposizione dei club rivali.  


    Giovanni Armanini
    armagio.wordpress.com
    @armagio

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