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Cairo: 'Daremo l'anima nel derby. Il 75% dei tifosi è con me. Modello Atalanta'
L'INIZIO DELLA STORIA TORO - "Mi chiama un amico dicendomi che il sindaco Sergio Chiamparino mi vuole parlare. Ci vado il 12 agosto insieme a mio padre. Il Toro non si era iscritto al campionato. Chiamparino sa che la nostra è una famiglia di appassionati e mi chiede se posso dare una mano. Gli rispondo che non ho mai fatto calcio, che il calcio non è una cosa semplice e che, tra l’altro, sto andando in vacanza, a Forte dei Marmi. Ma gli prometto di pensarci".
RETROSCENA DE BIASI - "Faccio un po’ di telefonate, sento un mio amico direttore sportivo, raccolgo informazioni, chiedo chi sarebbe un buon allenatore da prendere. Il 14 agosto vedo questo mio amico d.s. che mi suggerisce Gianni De Biasi: “È uno dei più bravi che ho avuto. Ha fatto la doppia promozione col Modena. È senza squadra”. Il giorno dopo, a Ferragosto, lo chiamo. De Biasi è in vacanza in Trentino. Gli spiego la situazione e gli chiedo se fosse interessato. Risponde: “Se vuole, la settimana prossima ne parliamo”. Gli chiedo: “Dove si trova in questo momento?”. Lui fa: “Sto iniziando la scalata al monte...”. Io: “Bene. Ora lei si volta, scende a valle, si toglie gli scarponi e sale in auto. Se è veramente interessato, ci vediamo stasera a Forte dei Marmi”. Alle 9 siamo a cena insieme in Versilia".
LA FAMIGLIA GRANATA - "Non sono più tornato a Forte. Dopo Torino vado a Masio, dai miei genitori. Mia madre era una donna prudente, maestra elementare, ma tifosissima del Toro e spingeva, come mio padre, perché lo prendessi. Mia madre ha pianto Superga e, un anno dopo, 1950, ha pianto uscendo da San Siro dove ha visto gli orfani del Grande Torino prenderne 7 dal Milan di Nordahl e Liedholm. Mi ha raccontato Valentino Mazzola e mi ha svegliato una mattina di ottobre per darmi la notizia di Gigi Meroni. Avevo 10 anni. Il Toro era un affetto di famiglia e stavo cercando di portarlo a casa. Le ultime fasi della trattativa sono state burrascose, ma, alla fine, il 2 settembre 2005, prendo il Toro".
CERCI - "Il giocatore da scegliere? Cerci, era mancino, ma giocava a destra come me. Dribbling, fantasia. Avevo le stesse caratteristiche, non le stesse qualità, purtroppo".
RECOBA - "Alcune di quelle "figurine" comprate l'anno della retrocessione ci hanno dato tanto e hanno entusiasmato la gente. Abbiamo presentato Recoba davanti a 5 mila spettatori, palleggiammo insieme e poi calciammo i palloni alla Maratona. Ricordo una sua partita strepitosa contro la Roma in Coppa Italia, la vinse da solo. Anche Barone, campione del mondo, sollevò entusiasmi".
RETROCESSIONE - "La retrocessione è stata una grande delusione per me e un dolore. Venivo da anni esaltanti, mi chiamavano Papa Urbano, mi invitavano nei club. Ma mi sono rimesso in pista e abbiamo cominciato a fare un calcio diverso, con giovani da far crescere e valorizzare".
VENTURA E MAZZARRI - "Ventura è stato con me 5 anni e siamo rimasti in ottimi rapporti. È venuto a vedere il Torneo Mamma e Papà Cairo, poi siamo stati a cena. È un grande conoscitore di calcio. Ma anche con Mazzarri ho un ottimo rapporto. Io non l’ho licenziato, non l’avrei mai fatto. Dopo la brutta sconfitta di Lecce che seguiva quella ancora più brutta con l’Atalanta, venne a dirmi che non se la sentiva più e a chiedermi di lasciarlo andare. Il malore che ha avuto nel novembre 2018 ha cementato ancora di più il nostro rapporto".
JURIC - "Ci siamo piaciuti subito. Doveva arrivare prima. Ma non se la sentiva di lasciare il Verona che gli aveva dato fiducia, dopo un solo anno. Noi disputammo uno dei peggiori campionati della mia gestione. In ospedale, dov’ero ricoverato per il Covid, vidi due partite: Genoa-Toro 1-2, bella, mi tirò su; e Toro-Lazio 3-4 con due gol presi al 95’ e al 98’. Mi tornò la febbre. Dissi a Juric: “Stavolta però vieni”. Ed è venuto al Toro, anche se aveva altre offerte. È nato un bel rapporto, lo chiamavo spesso, ci parlavamo. Mi chiedeva sempre giocatori, io gli spiegavo che avevo investito negli anni precedenti e che avevamo perso molti ricavi con il Covid. Qualche tensione c’è stata, ma l’abbiamo superata".
LA LITE JURIC-VAGNATI - "Cose che capitano. L’eccezionalità stava nel fatto che qualcuno aveva filmato la scena. A volte succede di esagerare. Ma si sono rappacificati e hanno lavorato bene insieme, infatti nella stagione scorsa abbiamo fatto meglio di quella precedente. A Juric non ho neppure parlato dell’episodio".
BELOTTI - "È andata così. Belotti ci mette 12 partite per segnare un gol, esplode al secondo anno con Mihajlovic che in attacco gioca a 3. Segna 26 reti. Gli dico: “Io, nel nuovo contratto, ti metterei una clausola di 100 milioni per l’estero. È un modo per posizionarti”. Avevano appena venduto Higuain per 90. Infatti, una sera a cena con Florentino Perez, a Madrid, mentre stiamo parlando dei nostri giocatori, gli dico: “Sto pensando di mettere una clausola di 100 milioni al mio centravanti”. Florentino si anima improvvisamente e mi chiede di tutto su Belotti. Questo era il senso della clausola. Il Milan ce lo chiede in prestito con un mezzo obbligo di riscatto. Fassone si giustifica: “Abbiamo già speso tanto”. Sì, ma stiamo parlando di un cannoniere da 26 gol e, se lo do in prestito senza incassare, come lo sostituisco? Belotti vuole andare al Milan, ci rimane male, gioca un brutto campionato. S’infortuna spesso. Non ho rimpianti, anche perché io guardo sempre avanti".
BREMER ALLA JUVE - "È un grande giocatore, forte, potente. È cresciuto sotto Mazzarri, anche se all’inizio lo faceva giocare poco, ma lo ha formato. Poi lo ha aiutato molto Juric"
BUONGIORNO - "Buongiorno è un ragazzo cui sono affezionato personalmente. Per caso, ci siamo trovati a New York negli stessi giorni. Dovevo ricevere il Premio Palazzo Strozzi Foundation, l’ho invitato alla cena di gala. A luglio gli ho rinnovato il contratto fino al 2028. Il suo procuratore, quel sacramento di Beppe Riso, bravo, un top, si è messo a scherzare: “Adesso sarà impossibile venderlo... Tu non vendi mai i giocatori. Mi ricordo quando volevo portare Baselli a Roma e non hai voluto”. Gli ho risposto: “A Buongiorno sono affezionato, ma non è vero che non vendo i giocatori”. Mi chiama Luca Percassi, ero in Sardegna in vacanza. Mi dice che vuole Buongiorno. Ci vediamo a Milano e gli spiego: “Guarda, è quasi il nostro capitano, sta con noi da 17 anni. La vedo difficile, per non dire impossibile”. Lo dico a Vagnati che informa Riso. Luca insiste, entra nella trattativa Zapata e siamo vicini a un accordo. Preciso: “Tutto è subordinato alla volontà del ragazzo”. Mi chiama e mi dice: “Senta, pres. Ci ho pensato a lungo, non me la sento di andare”. Gli dico: “Sono felice. Resti con noi, facciamo un gran campionato. Fatti vivo di più con me, perché mi sei piaciuto”..
I TIFOSI - "Guardi, io giro per tutta Italia. Ovunque incontro tifosi che mi chiedono selfie e mi dicono: “Presidente, siamo con lei, non molli...” Ho fatto fare un sondaggio: il 75% mi appoggia con convinzione. È una maggioranza bulgara. Se poi qualcuno non è d’accordo, ci sta. Sono nel calcio da 18 anni. So che il tifoso granata ha il palato fino. Ha avuto il Grande Torino, 5 scudetti di fila, 10 in Nazionale; negli anni Settanta ha avuto Graziani, Pulici, Claudio Sala, il mio idolo che cercavo di imitare. Io giocavo nel suo ruolo proprio in quel periodo".
MODELLO ATALANTA - "Abbiamo trattenuto tutti e fatto investimenti: è chiaro che vogliamo crescere. Ma non amo i proclami. L’Atalanta, per quello che ha fatto, è un modello. Antonio Percassi è sempre rimasto schiscio , misurato, non lo senti mai dire: vinceremo, faremo... Anche quando Gasperini arrivava terzo, parlava dei 40 punti salvezza. Abbiamo una squadra giovane, un mister e un d.s. che lavorano bene. Siamo fiduciosi, senza parlare troppo".
DERBY - "Uno solo vinto, tre pareggiati da loro negli ultimi minuti, mentre eravamo in vantaggio. Mi spiace, certo. Sul prossimo non dico nulla, per scaramanzia. Dico solo che la squadra ci tiene tantissimo e sono certo che darà l’anima".