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C'era una volta Pato bambino...
Una cascata di ricci su quel sorriso di metallo. Apparecchio ai denti e occhi spauriti, così Pato si presenta nel 2007 in Italia. A fatica arriva all'1 e 70: un bambino da festa delle medie, altro che star. Eppure il Papero ancora pulcino è un prodigio in campo. Quando scatta è imprendibile e pazienza se ogni tanto si perde, i bimbi sono così. Felici e spensierati.
Papà Ancelotti dosa coccole e rimbrotti e il piccolo brasiliano cresce. Nel 2008-09 Pato conosce anche la panchina, con l'arrivo di Ronaldinho. Poco male, l'esperienza non lo abbatte. Il Papero si riprende il palcoscenico, confinando addirittura l'idolo Dinho ai margini della squadra titolare.
Nel gennaio 2009 la consacrazione. Si gioca Milan-Fiorentina e San Siro è in fibrillazione: perdindirindina, stanno vendendo Kakà! Lui, Pato, fa spallucce e segna un gran gol. 1-0 e il tifo milanista per un attimo si dimentica di Ricky. Kakà potrà pure partire, ma il futuro è già qui. Un altro meninho de oro è pronto a prendersi la scena al posto del figliol prodigo del presidente Berlusconi.
Nel 2009-10, con l'addio di Kakà, tutti si attendono l'esplosione di Pato. E' un Milan ridimensionato, appeso alle giocate di Ronaldinho e alla coppia Thiago Silva-Nesta. Eppure il Papero vola, nonostante Leonardo lo sposti a destra nel tridente, lui che con Ancelotti partiva sempre da sinistra. La doppietta al Real Madrid al Bernabeu il punto più alto mai toccato. L'intesa con Dinho è d'applausi e i rossoneri sognano addirittura di strappare lo scudetto all'Inter di Mourinho. Ma proprio qui inizia la discesa negli inferi di Pato. Nell'inverno del 2010 il primo stop, coinciso con l'infortunio di Nesta, che spegnerà i sogni milanisti. Il brasiliano si perde la sfida con la Juve, poi il derby con l'Inter, infine la sfida decisiva con il Manchester United in Champions. Quando conta, le sue gambe si fermano. Come con il Napoli, a marzo, quando il Milan ha l'occasione di sorpassare i cugini e Pato si rompe di nuovo. Game over. La squadra finisce terza in campionato e l'amico Leo lascia.
2010-11, arriva il conte Max Allegri. Uno meno da futbol bailado e più da pane e vino. Pato continua il suo dentro e fuori dall'infermeria. Il bambino non c'è più, al suo posto un bel manzo tutto palestra e muscoli. Il ragazzino è esploso, sì. Se ne accorgono le ragazze, benché sia sposato già a 20 anni. L'autunno del 2010 è quello della separazione con la moglie e dell'amicizia chiacchierata con Ronaldinho, compagno di uscite un po' troppo frequenti, secondo i maligni. Ma anche Dinho lascia il Milan e Pato si trova solo. Allegri lo manda spesso in panchina, lui sembra incupirsi. Fuori dal campo, però, succede l'impensabile. Sboccia l'amore con Barbara, la figlia del capo. E il Papero ricomincia a segnare, complice lo spostamento più vicino alla porta. A fine anno la sua media gol è la più alta del suo periodo rossonero. Certo, stecca in Champions (0 reti) e lo scatto dei bei tempi è un ricordo lontano, ma la sua doppietta decide il derby scudetto. Ibra non lo sopporta? Sarà, ma finché si vince...
Il resto è storia recente. La magia a Barcellona e le vicende di mercato. Poco altro, perché i muscoli di Pato soffrono ancora e il brasiliano in campo è involuto. L'ombra di quel bambino felice visto 5 anni fa. Il Milan non fa bene a lui, lui non fa il bene del Milan. L'ultima puntata va in onda domenica sera: uscita con gli occhi lucidi da San Siro, tra i fischi. Il pubblico milanista gli sta voltando le spalle, stufo di aspettarlo e della sua love story con Lady B. Che fare? Forse andarsene da casa per maturare sarebbe servito. Per ritrovare il bimbo che ognuno ha dentro di sé. In campo però, non fuori. A 22 anni non è mai troppo tardi. Ma neppure più così presto...