C’è del buono in Danimarca
L’Europeo under 21 appena concluso ha confermato l’ottimo stato di salute di due movimenti calcistici, quello spagnolo e quello svizzero, e poco altro. Escludendo le selezioni di Milla e Tami, finaliste con pieno merito, il resto delle partecipanti si è distinta per la scarsità di idee e un gioco raramente propositivo. Quanto mostrato da Spagna e Svizzera è però sufficiente per affermare che c’è del buono in Danimarca. Di seguito una serie di spunti regalati dal torneo.
Mata(dor). Piaccia o meno, la Spagna è IL movimento calcistico per eccellenza di questi ultimi anni. In questa età dell’oro è entrata anche la nazionale under-21, che ha trovato in Luis Milla un tecnico abilissimo nel coniugare estetica e funzionalità. Nella sua versione peggiore, il tiqui-taqua si riduce a mero esercizio di stile. In Danimarca ciò non è mai avvenuto, nonostante giocatori come Thiago Alcantara, forti di una debordante superiorità tecnica, non abbiano lesinato giocate di fino per la platea. Ma la Spagna è sempre rimasta sul pezzo, forte di una selezione altamente qualitativa in ogni reparto (da appuntarsi sul taccuino, esclusi i nomi più noti, almeno Ander Herrera, Martin Montoya e Javi Martinez) abile però a rimanere sempre sul pezzo anche nei momenti difficili. Vedi la semifinale contro la Bielorussia, rimessa in carreggiata solamente al minuto 89 grazie al bomber-rivelazione Adrian Lopez e soprattutto a un Milla capace di indovinare tutti i cambi (Capel, Jeffren e Bojan).
Portieri. Il ruolo che ha espresso il maggior numero di prospetti interessanti. Tutte e quattro le semifinaliste hanno presentato un estremo di prim’ordine. La Spagna David De Gea, poco appariscente solo perché protetto da una difesa di notevole spessore, così come lo svizzero Yann Sommer, rimasto imbattuto sino alla finale – un record per il campionato under-21. La Repubblica Ceca ha proposto Tomas Vaclik, stile essenziale, gli sono mancati solamente i miracoli. Quelli sono stati appannaggio di Aleksandr Gutor, ultimo baluardo di una Bielorussia lontana parente delle compagine che ha eliminato l’Italia ai play-off. Senza Gutor i bielorussi sarebbero stati stritolati; invece hanno addirittura centrato il terzo posto che vale le Olimpiadi. Casa dolce casa. Granit Xhaka, centrocampista svizzero classe 92, è l’unico della selezione campione del mondo under-17 del 2009 ad aver disputato l’Europeo under-21 da titolare. Eppure due anni fa le stelline elvetiche si chiamavano Nassim Ben Khalifa e Haris Seferovic. Ma il primo se n’è andato subito al Wolfsburg a farsi un anno di tribuna, mentre il secondo è finito ancora peggio: riserva nella Fiorentina Primavera. Detto tutto. Xhaka invece è rimasto in Svizzera, accumulando esperienza e minuti in prima squadra nel Basilea. Stesso discorso per i vari Shaqiri, Emeghara, Mehmedi, Koch, tutti elementi decisamente più pronti per il calcio di altissimo livello rispetto a chi non ha avuto la pazienza di aspettare. Delusioni. Molto fragile la Danimarca (Eriksen non ha inciso), in letargo nelle prime due partite l’Islanda, modesta l’Ucraina. La Repubblica Ceca per contro ha dato l’impressione di essere una grande incompiuta, a causa di un atteggiamento troppo rinunciatario, a dispetto della presenza di gente quali Pekhart, Kozak e l’arrembante terzino Celutska (meteora a Palermo). La delusione più grossa è però arrivata dall’Inghilterra, anarchico miscuglio di stelline guidato da uno Stuart Pearce confermatosi più motivatore che tecnico. Infatti quando è arrivato il momento di fare la partita, ecco un pareggio a reti inviolate contro l’Ucraina e una sconfitta contro la Cechia. Senza gioco ormai non si va più lontano, per fortuna. Top 11. Modulo (4-3-2-1): Gutor (Bielorussia); Montoya (Spagna), Rossini (Svizzera), Mazuch (Rep. Ceca), Didac (Spagna); Thiago Alcantara (Spagna), Lustenberger (Svizzera), Herrera (Spagna); Shaqiri (Svizzera), Mata (Spagna); Adrian (Spagna).