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  • Bresciamania:| Cari bomber, distinti saluti

    Bresciamania:| Cari bomber, distinti saluti

    Quando l'amore per l'Italia si materializza nel rifiuto di un ingaggio milionario a discapito di una società e di una piazza. Quando l'amore verso una città e una piazza non bastano per ottenere un contratto da una società. Destini incrociati a Brescia per i 'gemelli del gol', vale a dire Andrea Caracciolo e Davide Possanzini. Il primo fresco di rifiuto di un contratto triennale da due milioni e 200mila euro a stagione per tre anni con la Dinamo Kiev; l'altro fresco di addio alla squadra lombarda dopo sei anni trascorsi per lo più con la fascia da capitano al braccio. Destini incrociati e amore per la stessa maglia diverso. Troppo alto il desiderio di non lasciare l'Italia. Troppo pressante l'idea di allontanarsi da casa per giocarsi una fetta importante di avvenire a trent'anni suonati. Troppo difficile pensare anche al bene del Brescia oltre a quello personale, per Caracciolo. Un rifiuto inspiegabile e per certi versi strano quello dell'attaccante milanese. Champions League o mal che vada Europa League, contratto milionario in tasca e la possibilità di crescere e cimentarsi con una nuova realtà. Nulla di tutto questo.

    Ad Andrea Caracciolo dei soldi non importa nulla: il suo solo pensiero è quello di giocarsi le sue chance nel campionato italiano, serie A o B che sia. Una scelta che risulta strana e per certi versi controversa soprattutto pensando alle sorti del Brescia. Il suo rifiuto milionario non ha solo negato ad egli stesso la possibilità di andare a guadagnare molti soldi e fare una certa esperienza da calciatore, ma allo stesso tempo ha privato il suo attuale club, il Brescia, di una cospicua somma di denaro, circa otto milioni di euro. Con le difficoltà economiche che vive la società, il pensiero di un gesto d'amore verso una piazza e un presidente a cui Caracciolo ha sempre detto di essere riconoscente poteva anche starci. Anzi, forse ci doveva stare. Sì perchè Caracciolo non resterà in ogni caso a Brescia, in quella società che lo riscattò dal Palermo per sette milioni.

    Destino strano come quello di Davide Possanzini, che a Brescia tutti ricordano come il capitano della splendida promozione. Capitano per sei anni. Sei lunghe stagioni vissute da protagonista con la macchia finale di un addio dai toni accesi e dai contorni bui. Un addio dettato dal volere societario, non certo dal suo. Stagione travagliata quella dell'ex sampdoriano, messo ai margini e mai più ripreso per mano di Corioni stesso. Lui che di quella società voleva diventare il simbolo, un dirigente, un allenatore. Uno che a Brescia rimarrà a vivere trattato in malo modo e lasciato scappare come l'ultima ruota del carro. Destini strani quelli di Caracciolo e Possanzini. Destini finiti nella centrifuga del Brescia. Una centrifuga senza fine ma soprattutto senza una meta ben precisa. Comunque sia, grazie per questi anni bellissimi, per i gol che avete regalato e per l'affetto che avete profuso per la maglia. Sarebbe stato meglio un altro tipo di addio, ma - ci viene da dire - questo è il calcio. 

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