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    Breitner, calciatore sublime e uomo controverso. 'Paul il rosso', dal no al 'Mondiale fascista' a Mc Donald's

    Breitner, calciatore sublime e uomo controverso. 'Paul il rosso', dal no al 'Mondiale fascista' a Mc Donald's

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    Siamo alla vigilia dei Mondiali di Argentina del 1978. Helmuth Schön, selezionatore della Germania Occidentale, ha visto via via sgretolarsi quella grande formazione che quattro anni prima vinse la Coppa del Mondo sul suolo amico.

    Franz Beckenbauer, capitano e leader di quella Nazionale, un anno prima ha deciso che ne aveva abbastanza del Bayern Monaco, della Bundesliga e della Nazionale tedesca. Si è trasferito negli Stati Uniti per giocare gi ultimi anni di carriera nei Cosmos di New York con Pelè e Chinaglia, in un calcio meno impegnativo ma estremamente remunerativo per le sue tasche.

    Gerd Muller invece ha tirato i remi in barca subito dopo il Mondiale vinto nel 1974. Dissapori con la Federazione. Continua a giocare nel Bayern e come suo costume continua a segnare gol a camionate.

    Non c’è più neanche Uli Hoeness, la “freccia” dell’attacco di quella Germania. Ha solo ventisei anni ma un ginocchio malandato lo ha messo fuori dai giochi.

    Manca anche Wolfgang Overath, lo squisito regista mancino di quella grande Germania che ha chiuso con la Nazionale praticamente il giorno dopo aver vinto il titolo nella finale contro l’Olanda di Cruyff e Neeskens.

    E’ proprio in quel ruolo che Helmuth Schön ha intenzione di schierare uno dei protagonisti del trionfo di quattro anni prima. Uno che faceva il terzino, ma che in realtà giocava già a tutto campo, inserendosi con intelligenza e segnando tanti gol con il suo tiro devastante da fuori area.

    E’ Paul Breitner che dopo aver lasciato il Bayern si è trasformato in centrocampista centrale durante i suoi anni al Real Madrid e che nell’ultima stagione, rientrato in Germania nelle file del “piccolo” Eintracht Braunschweig, ha giocato una stagione strepitosa, segnando la bellezza di quindici reti in meno di quaranta partite ufficiali.

    Quello che Schön non si aspetta di sentire è la risposta, contundente e inequivocabile di Breitner.

    “No Helmuth. Io in un Mondiale organizzato da una dittatura fascista non gioco di sicuro”.

    Paul Breitner non ha mai nascosto le sue simpatie per la sinistra, per i movimenti studenteschi e operai che sul finire degli anni ’60 hanno avuto tanto impatto sulla cultura mondiale e ovviamente anche tedesca.

    Ci sono foto che lo ritraggono in casa sotto la foto di Mao Tse-Tung, il suo “Libretto Rosso” in mano. 

    I suoi capelli lunghi e la barba incolta di quel periodo lo fanno assomigliare tanto ai “barbudos” della Rivoluzione Cubana.

    In fondo qualche anno prima si guadagnò addirittura la copertina del “New York Times” come “nuovo eroe della contro-cultura tedesca”.

    La decisione spiazza tutti. Opinione pubblica e media in primis.

    Ma non era lo stesso Breitner quello che aveva accettato le vagonate di pesetas per giocare nel Real Madrid, squadra simbolo del potere in Spagna e amatissima dal dittatore Francisco Franco?

    Non era lui che girava per Madrid con automobili di lusso o che si faceva mandare le sue salsicce preferite direttamente dalla Baviera ogni settimana ?

    Non era sempre lui che nel 1977 girava per Monaco in Maserati ed era sponsorizzato da una multinazionale produttrice di tabacco?

    Sono in molti a pensare che ci sia qualcos’altro sotto.

    Ad esempio i fischi copiosi ricevuti a Monaco in occasione della semifinale della Coppa dei Campioni del 1976 con il Real Madrid e contro i suoi vecchi compagni del Bayern
    oppure le continue scaramucce con la Federazione di cui Breitner fu quasi sempre artefice e portavoce negli anni, compreso il rifiuto di rispondere ad alcune convocazioni della Nazionale durante i suoi anni al Real Madrid.

    Sta di fatto che Paul Breitner rimane fedele alla sua parola. Non salirà sull’aereo per l’Argentina e la Germania Ovest vista in quel Mondiale sarà solo una pallida controfigura dello squadrone ammirato solo quattro anni prima.

    Ma quando si parla di un calciatore controverso, ribelle e difficilmente inquadrabile come Breitner i cambi di direzione sono sempre frequenti.

    In quella stessa estate farà il suo ritorno al Bayern Monaco diventando in breve il leader di quella squadra. Il team non è più ai livelli di quello della metà degli anni ’70 e anche la sua prima stagione con i rossi bavaresi si chiude senza acuti.

    In quella successiva però Breitner, con l’arrivo sulla scena di un giovane e formidabile attaccante di nome Karl-Heinz Rummenigge, torna a vincere il campionato dopo sei lunghi anni di digiuno.

    L’intesa con il giovane “Kalle” e il loro strapotere in campo fanno si che tifosi e media decidano di coniare un nuovo nome al team: “Breitnigge” (contrazione dei nomi dei due campioni).

    Il titolo viene rivinto nella stagione successiva e Paul Breitner viene eletto “Miglior calciatore dell’anno” della Bundesliga.

    Proprio in quel 1981 fa il suo atteso ritorno in Nazionale.

    Decide, per una volta, di chiedere scusa per alcune dichiarazioni sulla presunta incompetenza del nuovo allenatore della Nazionale Jupp Derwall e nell’aprile del 1981 riveste, dopo sei anni, la maglia bianca con i bordi neri della Germania Ovest in un’amichevole contro l’Austria.

    Sarà lui il regista della Germania ai Mondiali di Spagna dell’anno successivo.

    Nel frattempo però il Bayern Monaco conquista la finale della Coppa dei Campioni.

    Il 26 maggio del 1982 ad attendere a Rotterdam Breitner e compagni ci sono i sorprendenti inglesi dell’Aston Villa ai quali però i pronostici lasciano poco scampo.

    Oltre a Breitner e Rummenigge ci sono Augenthaler, Dieter Hoeness e Dremmler, decisamente troppo per l’inesperta compagine di Birmingham.

    Quella sera però la proverbiale buona sorte che aveva accompagnato il Bayern nelle tre precedenti vittorie in Coppe dei Campioni li abbandona. Nigel Spink, il giovane portiere dei “Villans” entrato dopo pochi minuti al posto dell’infortunato Jimmy Rimmer, si trasforma in una specie di Gordon Banks parando il possibile e l’impossibile e il golletto di Peter Withe sarà sufficiente a Gordon Cowans e compagni per alzare al cielo il trofeo dalla grandi orecchie.

    Meno di tre settimane dopo la cocente delusione della finale di Rotterdam Breitner è in Spagna con la sua Nazionale. La Germania Ovest, pur senza brillare e con l’infamia del match di Gijon contro l’Austria, arriverà in finale.

    ma sarà un’altra finale persa e un’altra delusione da incassare. A fornirgliela saranno gli azzurri del mai abbastanza apprezzato Enzo Bearzot anche se il gol della bandiera tedesca segnato proprio da Paul Breitner nei minuti finali, gli permetterà di entrare nella storia come terzo giocatore a segnare in due diverse finali dei Campionati del Mondo di calcio. In precedenza ci erano riusciti solo i brasiliani Pelé e Vavà e dopo di lui ci riuscirà solo Zinedine Zidane.

    Al termine della stagione successiva Paul Breitner chiuderà con il calcio. Un infortunio difficile da assorbire e una clamorosa lite con l’amico di sempre Uli Hoeness, General Manager del Bayern, lo convinceranno a chiudere, a soli 32 anni con il calcio giocato.​

    Breitner, calciatore sublime e uomo controverso. 'Paul il rosso', dal no al 'Mondiale fascista' a Mc Donald's


    ANEDDOTI E CURIOSITA’

    Agli inizi della carriera Paul Breitner stringerà una profonda amicizia con Uli Hoeness, suo compagno nel Bayern e nella Nazionale della Germania dell’Ovest. I due, ancora giocatori delle giovanili del Club, convivono in un piccolo appartamento. Dopo aver inviato a Paul Breitner diverse lettere invitandolo a presentarsi al Distretto militare per il servizio di leva senza mai ottenere risposta, in piena notte le forze dell’ordine piombano nell’appartamento condiviso dalle due giovani promesse del calcio tedesco. Breitner, avendo intuito il motivo della visita, corre a nascondersi in cantina mentre Hoeness deve rispondere impacciato alle domande sull’amico. 

    “Poco male” diranno le guardie ad Hoeness.

    “Vorrà dire che tappezzeremo di manifesti la città fino a quando non lo troveremo” è la sentenza finale dei militari.

    A quel punto Breitner decide di presentarsi al distretto.

    “Il mio atteggiamento non piacque molto ai vertici militari del mio Paese. Passai un anno della mia vita a pulire dei cessi” ricorda oggi con un sorriso lo stesso Breitner.

    Fu in quegli anni giovanili che il suo impegno politico lo mise spesso al centro dell’attenzione dei media tedeschi.

    Fecero molto scalpore alcune dichiarazioni in cui disse che il giorno più difficile della sua vita fu quello in cui uccisero Che Guevara mentre alla domanda di un giornalista che gli chiedeva quale fosse in quel momento il suo più grande desiderio Breitner rispose “la sconfitta degli Stati Uniti d’America nella guerra del Vietnam”, guadagnandosi così il soprannome di “Rot Paul”, Paul “il rosso”.

    La traiettoria calcistica di Breitner è assolutamente particolare.

    Iniziata la carriera come attaccante viene trasformato in terzino fin dagli esordi in prima squadra con il Bayern Monaco.


    Le sue grandi qualità di corsa, un’ottima tecnica ed un tiro dalla distanza di grande potenza e precisione lo trasformano ben presto in uno dei terzini più moderni e rivoluzionari di un calcio che stava rapidamente cambiando.

    Proprio i mondiali del 1974 furono la definitiva consacrazione per giocatori che, impiegati nel ruolo di terzini sinistri, diventavano spessissimo centrocampisti e anche attaccanti aggiunti. Ruud Krol e Francisco Marinho  furono gli altri due precursori.

    Fu quando Breitner passò al Real Madrid che iniziò ad essere impiegato come centrocampista. All’inizio come “spalla” del connazionale Gunter Netzer, regista sopraffino e dalla visione di gioco sublime e poi via via con sempre maggiori compiti in cabina di regia.

    Si sussurra anche che, tornato al Bayern nel 1978, fu proprio Paul Breitner nella primavera del 1980 a mettere il veto sull’acquisto da parte del Club bavarese del regista dell’Arsenal e della Nazionale irlandese Liam Brady, da tempo nel mirino di Uli Hoeness e della dirigenza tedesca.

    Hoeness decise di non contrariare l’amico e così il mancino irlandese finì alla Juventus, dove vinse due campionati consecutivi prima di far posto a “Le Roi” Michel Platini.

    Nel 1977 Breitner decide di tornare in Germania. Il suo cartellino e il suo ingaggio però sono fuori dalla portata di tutte le più grandi squadre della Bundesliga.

    Tutte tranne una: l’Eintracht Braunschweig.

    Il Club è di medio-bassa caratura ma il suo Presidente è nientemeno che Gunter Mast, multimilionario sponsor del Club e proprietario della Jägermeister, la ditta produttrice del celeberrimo amaro.

    E’ lui che si fa carico dell’esborso.

    E se sul campo le cose vanno in maniera più che dignitosa (l’Eintracht chiude a metà classifica con gli stessi punti del Bayern Monaco) e Breitner gioca una stagione ad altissimo livello, i rapporti con dirigenza e soprattutto con i compagni di squadra sono tutto fuorché idilliaci a tal punto che poco prima di firmare il suo ritorno al Bayern Monaco al termine di quella stagione Breitner saluterà così i suoi compagni: “Sto per farvi un grande favore. Vado a giocare da un’altra parte”.

    Se già la scelta di firmare per il Real Madrid, la squadra del potere in Spagna e amatissima da Francisco Franco aveva suscitato perplessità sulle reali convinzioni politiche di Breitner, negli anni successivi arriveranno diverse scelte che lo allontaneranno  da quel simbolo della sinistra che lo aveva contraddistinto per anni.

    Prima un lucrosissimo spot per la multinazionale americana Mac Donald’s e poi addirittura la confessione sulla scelta del suo look anni ’70, capelli stile “afro” e barba incolta.

    “Portavo i capelli lunghi e la barba semplicemente perché piacevano a mia moglie” dichiarò all’epoca Paul Breitner … prima di firmare un altro lucroso contratto con la Gillette e … di tagliarsi la barba !

    Tornando a questioni calcistiche forse non tutti sanno che nella finale dei Mondiali del 1974 il rigore concesso alla Germania dopo quello trasformato da Neeskens dopo soli due minuti di gioco avrebbe dovuto essere calciato da Gerd Muller, il rigorista prescelto.

    Breitner però si avventò con decisione sul pallone, prendendolo tra le mani e posizionandolo sul dischetto.

    Muller, colpito da tanta tracotanza, si fece da parte senza creare problemi.


    Breitner calcio con grande freddezza spiazzando Jens Joengbloed e riportando i suoi in parità prima che un gol dello stesso Gerd Muller sul finale del primo tempo si rivelò decisivo per l’assegnazione del trofeo.

    Molto significativo nel comprendere il “personaggio” Breitner fu quanto accadde dopo il trionfo in campionato con il Bayern nella stagione 1980-1981.

    Durante i festeggiamenti in un lussuoso locale di Monaco di Baviera viene scattata una foto che ritrae Paul Breitner completamente nudo a bordo della piscina.

    Il Bayern decide di infliggere al giocatore una pesante multa.

    La risposta di Breitner è esemplare.

    “Che società di merda. Non sanno neanche festeggiare come si deve !”.

    Nel 1998 Paul Breitner è di nuovo protagonista di primo piano del calcio tedesco.

    Viene designato nuovo allenatore della Nazionale tedesca di calcio, ora unificata dopo la caduta del muro nel 1989.

    Resterà in carica per la bellezza di 17 ore
    prima che una serie di discussioni e polemiche con diversi componenti della Federazione non convincessero entrambe la parti a tornare sui propri passi.

    Oggi Paul Breitner svolge incarichi da opinionista in tv e per la carta stampata e dal 2007 è rientrato nei ranghi dirigenziali del Bayern Monaco, prima come osservatore e in seguito come promotore nel mondo dell’immagine del club.

    Breitner, calciatore sublime e uomo controverso. 'Paul il rosso', dal no al 'Mondiale fascista' a Mc Donald's
     

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