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    Brasile ko, altro schiaffo a Neymar: il Mondiale ora è un affare europeo

    Brasile ko, altro schiaffo a Neymar: il Mondiale ora è un affare europeo

    • Andrea Robertazzi
    Doveva essere il Mondiale del riscatto per il Brasile, ancora scottato dall'1-7 rimediato in casa nel 2014. Doveva essere il Mondiale della consacrazione di Neymar, che quattro anni fa fu costretto al forfait dopo la celebre ginocchiata di Zuniga. Doveva essere, infine, il Mondiale del ritorno alla ribalta del calcio sudamericano dopo 16 anni di dominio europeo. Alla fine, però, sarà solo il Mondiale delle promesse tradite, perché il Brasile è fuori, incredibilmente, ai quarti di finale. Perché Neymar ha fallito un altro appuntamento col destino, dimostrando di essere ancora lontanissimo dai più grandi di questo sport, sia per atteggiamento che per concretezza, anche se il talento, almeno quello, non può essere messo in discussione. Perché il calcio è ancora una questione tutta europea e dopo Italia, Spagna e Germania sarà nuovamente una nazionale del Vecchio Continente a portarsi a casa la Coppa del Mondo. Ecco perché questo Brasile-Belgio ha un significato che va ben oltre la mera delusione sportiva: il 2-1 dei diavoli rossi sulla Seleçao ha il sapore di una sentenza di fallimento inappellabile per tutto il calcio sudamericano e per i suoi più fieri portabandiera.

    LA CADUTA DEGLI DEI - Sembra quasi un controsenso quando si parla di Brasile, ma è bastata l'assenza di un mediano come Casemiro per far crollare i sogni di gloria della spedizione verdeoro in Russia. Ironia della sorte, verrebbe da dire, che la Seleçao debba salutare i Mondiali a causa dell'assenza di un centrocampista di rottura. Soprattutto perché Neymar e compagni erano arrivati in Russia con ben altre ambizioni, su tutte quella di vendicare l'umiliazione storica del 2014, che poteva essere cancellata solo riportando a casa la Coppa. Questa volta, tra l'altro, con una rosa decisamente più pronta e competitiva rispetto a quella che era stata strapazzata dalla Germania. Alla fine, però, i brasiliani sono usciti un'altra volta in lacrime dal campo, consapevoli che qualcosa sembra essersi rotto, perché il Brasile non fa più paura come un tempo. E questa sera si è schiantato, in modo terribilmente sterile, contro un Belgio ottimamente messo in campo e sicuramente più organizzato. E proprio la parola organizzazione può essere la chiave per risolvere i problemi che da troppo tempo affliggono il calcio brasiliano e sudamericano.

    QUESTIONE SOLO EUROPEA - La sfida tra Belgio e Brasile è perfetto manifesto di come il calcio cambi, si evolva. La storia contro il nuovo che avanza, la tecnica fantasiosa e talvolta frivola di Neymar, contro il talento applicato di De Bruyne e Hazard. La consapevolezza degli europei di trovarsi di fronte ad un avversario temibile, da affrontare con cautela, contro il bisogno esasperato, e a tratti inspiegabile, del Brasile di attaccare, di dominare anche quando non è chiaramente possibile. La realtà è che non siamo più negli anni '80 e questo Mondiale ci sta dando chiarissime indicazioni sul fatto che, ormai, a fare la differenza è l'organizzazione di squadra, non il talento del singolo. Per questo le 'piccole' avanzano e le grandi stentano. Per questo il calcio europeo, che ha sempre avuto il merito di essere più pragmatico di quello quasi fiabesco sudamericano, sta raccogliendo successi su successi a differenza del resto del mondo. Questo 2018 ha segnato la caduta, forse definitiva, del calcio delle squadre messe al servizio del talento, sancendo il trionfo del talento messo al servizio della squadra

    NEYMAR MANIFESTO DEL FALLIMENTO - E il simbolo del fallimento brasiliano non può che essere Neymar, uomo copertina della Seleçao; l'erede di Ronaldo e Pelé, chiamato a riportare la Coppa del Mondo in Brasile, protagonista principale del crollo verdeoro. E se il talento, come detto, non si discute, si può disquisire abbondantemente sul modo in cui questo è stato utilizzato. Perché Neymar, stasera come nel resto del Mondiale, è stato estenuante e a tratti insopportabile; autore di commedie da teatrante, alla costante ricerca delle luci della ribalta, dalle quali sembra dipendere in modo viscerale. Uomo copertina, prima donna obbligata di un Brasile che ha cercato in ogni modo di metterlo in condizione di rendere al meglio e che si è sgretolato sotto i colpi mirati di De Bruyne e Hazard, giocatori altrettanto talentuosi che hanno avuto il merito e l'umiltà di mettersi al servizio della propria squadra. Di sacrificarsi, facendo il mediano l'uno e la prima punta l'altro, senza eccedere negli individualismi esasperati, ma conducendo, e lasciandosi condurre, dalla squadra come in una meravigliosa danza. Quanto di più lontano da questo Brasile, ostaggio del suo talento più grande e di una mentalità anacronistica che ha sancito l'ennesimo fallimento di una nazionale, di un continente e di un calcio che sono solo lontani parenti di quelli vincenti e gloriosi del passato...

    @AndreaRobert93

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