Boniek nella Hall of Fame: 'Quella volta che alla Juve avevamo deciso di 'picchiare' Maradona...'
È tra i calciatori più forti del ventesimo secolo, polacco di nascita e italiano d’adozione, capace di ricoprire più ruoli in campo e fuori dal campo grazie ad un talento fuori dal comune e ad una spiccata intelligenza, che gli ha permesso di raggiungere i vertici del calcio mondiale anche senza avere più gli scarpini ai piedi. Attuale vicepresidente UEFA, Zbigniew Boniek, per gli amici Zibì, è uno dei nuovi membri della ‘Hall of Fame del Calcio Italiano’. Il suo ingresso nella categoria ‘Giocatore Straniero’ risale in realtà al febbraio 2020, ma a causa della pandemia verrà premiato soltanto il prossimo maggio insieme ad un’altra leggenda del calcio mondiale come Karl-Heinz Rummenigge e agli altri campioni scelti dalla giuria nelle ultime due edizioni.
“Voglio ringraziare di cuore tutti coloro che hanno deciso di assegnarmi questo riconoscimento – dichiara Boniek – è bello restare nella storia del calcio italiano”. E non è male entrare a far parte di una squadra infarcita di campioni, da Maradona a Platini, da Van Basten a Ronaldo, passando per Falcao, Gullit e Zanetti: “Sono un po’ preoccupato – scherza Zibì – leggo i nomi di tantissimi fuoriclasse, ma temo che mi toccherà correre anche per loro. A me e a Javier Zanetti...”. Con l’amico Platini il feeling è di vecchia data: “Michel è il compagno più forte con cui ho giocato, ma il più grande di sempre è Maradona. Diego era straordinario, ricordo in un Napoli-Juventus che ci eravamo detti di fargli sentire i tacchetti per intimorirlo un po’. Dopo dieci minuti ci siamo guardati e ci siamo detti ‘questo è troppo bravo, non si può picchiare’. Era un ragazzo sensibile, un campione straordinario. Per misurare la sua grandezza bisogna ricordare che a quei tempi c’era la marcatura a uomo, c’erano i falli veri. Adesso se pesti un piede è fallo. Era un altro calcio”. Una Serie A in cui gli stranieri in campo erano una minoranza: “Ci dovevamo integrare, calarci subito in una nuova realtà. Oggi dopo tre anni che sono in Italia i giocatori stranieri rilasciano ancora interviste in inglese o nella loro lingua, una cosa inaccettabile. E’ vero, si guadagnano cifre inimmaginabili un tempo, ma non scambierei comunque il mio calcio con questo. I soldi non sono tutto”.
Boniek arrivò in Italia dopo il Mondiale del 1982, con la Juventus che riuscì in volata ad accaparrarsi il suo cartellino battendo la concorrenza della Roma. E proprio nella Capitale avrebbe concluso la sua carriera da calciatore in quella che poi sarebbe diventata la sua città. Ma torniamo al Mundial ’82, vinto trionfalmente dagli Azzurri nella finale di Madrid con la Germania dopo il successo nella semifinale con la Polonia. Un match che Zibì fu costretto a saltare per squalifica dopo i quattro gol messi a segno nelle gare con Belgio e Perù: “Resta un grosso rimpianto. Sarebbe stata una delle partite più importanti della mia carriera, se avessi perso ma avessi avuto la possibilità di giocare oggi sarei più sereno. Non so come sarebbe finita, ma a volte mi chiedo quale sarebbe stato il risultato se quella partita non l’avessi saltata io ma Paolo Rossi”.
Definito ‘Bello di Notte’ dall’avvocato Agnelli per la capacità di essere decisivo soprattutto nelle partite di coppa, Boniek si procurò il rigore realizzato da Platinì nella finale della Coppa dei Campioni con il Liverpool, un trionfo offuscato dalla strage dell’Heysel. Zibì, che decise subito di devolvere il premio partita ai familiari delle vittime, ancora oggi non sente suo quel successo: “Resta uno dei momenti peggiori della mia vita calcistica. Era una partita che sognavo da mesi, ma una vittoria così ti riempie il cuore di tristezza”.
Se una Nazione potesse schierare una formazione con i calciatori più forti di ogni epoca, sarebbero in molti a dover fare i conti con la Polonia di Boniek e Lewandowski: “Potessi avere una bacchetta magica e tornare a quando avevo 25 anni mi piacerebbe giocare con Robert e spero che farebbe piacere anche a lui. E’ un ragazzo straordinario, un grande campione che nel 2021 avrebbe meritato di vincere il Pallone d’oro, forse anche quest’anno come risarcimento per quello che non gli hanno assegnato l’anno prima”. A proposito di vittorie, il 2021 resta l’anno del trionfo dell’Italia a Wembley: “Una volta uscita la Polonia – sottolinea Zibì - ovviamente ho tifato per l’Italia. All’Europeo ha sorpreso tutti con la sua bravura e la sua tenacia, soffrendo e riuscendo a vincere anche ai rigori. Mi ha fatto molto piacere anche per il bel rapporto che ho con il presidente Gravina e con Mancini”. Adesso però c’è una qualificazione Mondiale da conquistare: “L’Italia è favorita, anche se non sarà facile”.
Il Boniek calciatore e il Boniek dirigente sono accomunati da una dote preziosa quanto rara: la schiettezza. E così Zibì non si nasconde dietro a dichiarazioni di facciata nemmeno quando si tratta di affrontare una situazione delicata come il conflitto in atto: “Il mio pensiero va al popolo ucraino. Oggi nel calcio non c’è posto per la Russia, per un paese che ha invaso un altro paese. Secondo me non dovrebbero giocare nessuna competizione e non solo per un discorso sanzionatorio, ma anche per una questione di sicurezza. Basti pensare ai rischi legati agli spostamenti, a tutto ciò che concerne la logistica”. Nel futuro di Zibì c’è invece spazio per nuove esperienze: “Mi piacerebbe fare ancora qualcosa di importante con un club a livello dirigenziale e manageriale, credo di avere l’esperienza necessaria per poter offrire il mio contributo”.