Bolognamania:| Patto di stabilità
Urge un patto di stabilità, in casa Bologna: con l'elezione di Albano Guaraldi, siamo al quinto presidente cambiato in dieci mesi, roba da guinness dei primati calcistico. E non propriamente la miglior situazione per costruire qualcosa di importante in una piazza che, con Longo e Malesani, aveva trovato la chimica giusta per far partire un progetto degno di tal nome. Invece così non sarà, vuoi perché questi continui cambi al vertice fanno capire che il Bologna è un malato non ancora guarito, vuoi perché negli ultimi giorni il feeling si è abbastanza raffreddato.
Più che con Longo, che aveva già avuto un'offerta biennale ma col cambio di assetto societario attende conferme, con Malesani, perché le ultime due sconfitte non sono piaciute, specie quella contro il Napoli con una formazione che è parsa quasi una provocazione, a tanti. Il posto del tecnico non è più così saldo, anche perché bisogna fare i conti con la disponibilità economica risicata e con dei programmi tutti da definire.
Un problema non da poco per uno dei tecnici più in vista della stagione, che ha già ricevuto diversi sondaggi per la prossima stagione - si dice entrambe le sponde genovesi, Lazio e Fiorentina - e che sicuramente vorrebbe restare in un Bologna un po' più stabile di quello attuale, ancora alle prese con aumenti di capitale per tappare falle e un mercato tutto da decifrare.
Ora, la situazione rossoblù è un po' cambiata. Il dietrofront di Cazzola ha minato ancora una volta la tanto agognata stabilità, vero, ma ci sono un paio di soci forti che coprendo l'aumento di capitale hanno guadagnato potere. Il costruttore Guaraldi, appunto, e Setti, vicepresidente e imprenditore della moda col marchio Manila Grace, oltre che già presente nel mondo del calcio come ex giocatore fino alla D e dirigente del Carpi.
Toccherà a loro, scegliendo prima l'ad insieme a Consorte, poi il ds e il tecnico per la prossima stagione, varare il Bologna che verrà. Un Bologna che dovrà necessariamente avere stabilità e sulla cui situazione andrà fatta chiarezza: cedere un pezzo pregiato, massimo due, ci sta. Diventare un supermercato di talentini, sacrificando anche il gioiello Ramirez, sarebbe un segnale di navigazione a vista preoccupante.