Bolognamania: Guaraldi, demolition man rossoblù
Ora, il presidente in versione demolition man ha completato l’opera, lasciando in dote al Bologna una squadra poverissima – che con un po’ di buona sorte e tanto senso tattico domenica scorsa ha portato via da Torino tre punti letteralmente d’oro – che rimarrà fino all’ultimo nelle melme della zona retrocessione. In due anni il Bologna si è squartato pezzo dopo pezzo, al punto che si può fare una formazione dei ceduti (o non confermati, sempre per ragioni economiche) che probabilmente sarebbe da Europa League: Viviano o Gillet in porta, Raggi a destra, Portanova e Britos al centro e Rubin a sinistra, in mediana Ekdal, Mudingayi e Taider e in avanti c’è l’imbarazzo della scelta, diciamo Diamanti-Ramirez dietro Gilardino, ma potremmo citare anche Di Vaio e Gabbiadini. Il tutto, oltre ad altre cessioni di secondo piano (compresa quella del gioiellino Capello all’Inter), porta a un totale di 50 milioni di euro incassati, ma il bilancio è sempre col fiato cortissimo.
Questo perché il Bologna nelle ultime stagioni è stato gestito in modo dilettantesco, con un monte ingaggi abnorme che non ha fatto altro che arrotolare la società su sé stessa, rendendo inutili cessioni dolorosissime che in realtà avrebbero dovuto risanare molto di più i bilanci. Invece, una società di imprenditori che ha deciso di non investire più (all’ultimo aumento di capitale, versata una porzione minima dei 6 milioni deliberati) ha spolpato l’osso fin quasi alla fine. Cosa resta da vendere? Kone, metà Sorensen, l’altra metà di Taider. I canditi, poi, sono finiti, anche perché nel frattempo il Bologna si è ben guardato dal portare a casa qualche altro giovane di prospettiva per iniziare qualcosa che assomigliasse almeno a un circolo virtuoso. E invece nulla, solo macerie: conti in affanno, una rosa nella quale sono rimaste più spine che petali, una salvezza tutta da conquistare con l’unica prospettiva di soffrire allo stesso modo, se non peggio, l’anno prossimo. Una demolizione pezzo per pezzo di una squadra, ma soprattutto della grande passione di una città.