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Corvino: 'Vidal mi ha regalato una maglia del Bayern con scritto c...one'
La salvezza del Bologna non varrà una coppa ma è il prossimo premio da inseguire. Riuscirete?
"La proprietà lo merita per i sacrifici che ha fatto e che fa. Io chissà che darei, sarebbe il primo scalino su cui salire, per poi farlo ancora e arrivare in alto: Saputo, sempre vicino, è una garanzia, per gli sforzi economici e le idee, anche in fatto di strutture ed esperienze, che ha la possibilità di poter importare dall’America e dal Montreal Impact. C’è un gruppo di lavoro unito, con Fenucci, Di Vaio e altri, e una città che meriterebbe subito altri traguardi".
In estate ha fatto il massimo?
"Ci siamo presi la Serie A a metà giugno, dunque siamo partiti in ritardo sugli altri. Abbiamo concluso una quarantina di operazioni, ventuno cessioni, diciassette acquisti. Da metà mese ad agosto sono più o meno settanta giorni, diviso quaranta fa un affare chiuso ogni giorno e mezzo. Spero di aver sbagliato il meno possibile. Il lavoro di Rossi farà il resto, per questo va lasciato in pace, perché sarà un valore aggiunto".
Acquisti: si va da Destro, il più celebrato, a Diawara, un ‘97 titolare in A. Più dura convincere chi? "Non ho cambiato molte squadre, ma in tutte ho provato a mischiare qualità a potenzialità. Mattia è la certezza, Diawara la scommessa: a novembre era nella Corvino Academy, la mia scuola calcio a Vernole. Gli dissi: 'Appena possibile, ti porto con me'".
Più stupito da Jovetic, Ljajic e Felipe Melo all’Inter, Mihajlovic, Cerci e Montolivo al Milan o da Neto alla Juve? Sono tutti partiti, o passati, da Firenze.
"Verità? A stupirmi è stato Lollo. O Matos. O Babacar e Bernardeschi, quattro giovani del settore giovanile viola titolari in Carpi-Fiorentina".
Avrebbe mai comprato Mario Gomez a certe condizioni d’acquisto e d’ingaggio?
"Certe cifre le spendi per un giocatore dal pedigree importante, come lo era il suo. In campo poi non si è espresso e l’errore ci sta".
Stasera è la sua sera, festeggia due eventi: torna per la prima volta a Firenze dopo 5 anni e torna da ex.
"Sette anni intensi rafforzano un rapporto professionale e umano proseguito anche dopo. Abbiamo ottenuto risultati straordinari. Con i Della Valle, Cognigni e Mencucci c’è stato un lavoro comune".
Senza rimpianti?
"Macché, più di uno. Non siamo stati capaci di gestire un parco attaccanti con Gilardino, Mutu, Pazzini, Osvaldo e Jovetic. Ne abbiamo ceduti due, Osvaldo e Pazzini, per prendere un paio 'più disponibili' come Keirrison e Bonazzoli. Non era da fare, anche se dalle cessioni abbiamo guadagnato 17 milioni, facendo entrare due giocatori in prestito. E non dovevo privarmi di Dainelli, un leader a cui ero e sono affezionato".
Contrario: cosa non fatta ma da fare.
"Vendere Mutu alla Roma per 19 milioni e 750 mila euro. C’erano già le mail scambiate. Era estate, eravamo nel Mugello, quando la partenza di Adrian venne bloccata me ne andai dal ritiro e tornai a casa mia, a Vernole. Mi chiamò Diego Della Valle per calmarmi e confortarmi, aveva comunque apprezzato il mio lavoro".
Non confessò che Vidal venne fino a casa sua e poi l’affare saltò all’ultimo?
"Vero. Quando è andato al Bayern ha rincarato la dose: da Pulgar, con cui condivide il manager, mi ha fatto avere una maglia della nuova squadra con dedica speciale: 'A un coglione che si è fatto convincere a non prendermi'".
La più grande delusione?
"Aver lasciato la squadra dopo due vittorie con Siena e Udinese, vicina all’Europa. L’ho lasciata per stare vicino a mia madre Gina che stava morendo. Non me ne sono andato dopo lo 0 a 5 con la Juve".
Ha pagato i risultati negativi degli ultimi mesi, l’essere troppo 'capo' della sua area o l’esser troppo esposto?
"Alla fine del quinto anno, dopo tre quarti posti e un terzo posto per punti fatti, eravamo ad aprile in semifinale di Coppa Italia contro l’Inter di Mourinho, e dopo esserci giocati gli ottavi di Champions con il Bayern. L’anno dopo, in autofinanziamento, siamo ripartiti con Neto, Nastasic, Romulo, Seferovic, Behrami, Cerci. Ci voleva più tempo. Il calcio è un’azienda, ogni area deve avere un 'capobranco' che è uno solo: ma non sono un accentratore, altrimenti non avrei portato Macia tra i dirigenti della Fiorentina. E se uno è capo ci deve mettere la faccia, che non vuol dire voler comparire a tutti i costi".
Fu criticato perché disse: 'Per la Fiorentina arrivare quarta è come vincere scudetto e Champions League'. Lo ridirebbe?
"La sincerità fa parte di me. Arrivare per due anni prima del Milan o della Roma, che fatturano tre volte di più, voleva dire che avevi vinto il tuo scudetto e la tua Champions. Al contrario non voleva dire non esser vincenti, sono partito dalla terza categoria e arrivato terzo in Serie A, la voglia non mi manca. Lo ridirei a squarciagola".
Griglia campionato: scudetto, Europa e salvezza.
"La Juve resta avanti alla Roma. Poi Napoli, Lazio, Fiorentina e le milanesi, che hanno il dovere di provarci. Per la salvezza mi auguro solo ce la faccia il Bologna, ce la vediamo contro squadre strutturate da più anni. Città e proprietà meritano questo e di più: la tifoseria mi ha dimostrato affetto per una promozione a cui ho lavorato entrando in corsa. Spero di meritarmi a pieno la loro fiducia per quanto sarà fatto".
Più forte la sua Fiorentina o quella attuale?
"Noi abbiamo raccontato una storia importante, questa è ancora nel pieno del suo ciclo. Alla fine ognuno racconterà la sua. A chi è venuto dopo non ho invidiato niente, forse solo la situazione di partenza. Io arrivai in una condizione particolare, senza 100 milioni di possibili cessioni".
Qualcosa da chiedere agli ex tifosi?
"Niente di più di quanto mi hanno già dato, cioè tutto. Hanno riconosciuto che era stato fatto un lavoro nel solo interesse della Fiorentina. Non mi aspetto nulla: quello che verrà sarà in più".