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  • Boateng: 'Contro il razzismo serve lo 0-3 a tavolino. Milano è cattiva, ho trovato Gesù e vado a vivere a Sidney'

    Boateng: 'Contro il razzismo serve lo 0-3 a tavolino. Milano è cattiva, ho trovato Gesù e vado a vivere a Sidney'

    Kevin Prince Boateng, che il 3 gennaio 2013 a Busto Arsizio con la maglia del Milan, nell’amichevole con la Pro Patria, fece la stessa scelta di Maignan sabato scorso a Udine, lasciando il campo per gli insulti razzisti, seguito dal resto della squadra, parla di razzismo, e non solo, nel corso di un'intervista rilasciata a Repubblica.

    IL RAZZISMO NEGLI STADI, 11 ANNI DOPO - "Significa che in 11 anni sono stati fatti pochi passi. Anzi, zero passi, direi. Non è neanche triste, è una vergogna. Capisco perfettamente che cosa ha provato Mike: io sto facendo il mio lavoro e devo essere costretto a sentire certe cose? Perché la maggioranza dei calciatori tace? È il mondo. Ognuno pensa a se stesso. Tanti hanno paura. Magari pensano: non posso uscire allo scoperto ora, perché abbiamo perso e non è il momento, mi direbbero di pensare solo al calcio. Io sono più libero, ora che ho smesso di giocare. Ma l’obiettivo è chiaro e forse la breccia si è aperta. Un mio amico, anche lui ex calciatore, mi ha mandato su questo argomento un lungo messaggio. Diceva così: in 20 anni non ti ho mai chiesto che cosa senti dentro: mi ha fatto piangere".

    LE SOLUZIONI - "Lo 0-3 a tavolino? Certo. Se vedi la tua squadra perdere, se vedi la partita interrotta e lo stadio che si svuota, ci pensi due volte prima di fare una stupidaggine del genere: queste sono le sanzioni che fanno davvero male. E i responsabili si possono individuare con telecamere e microfoni, lo dico dal 2013: il biglietto nominativo lo permette, chi sbaglia va fuori e basta. Tra l’altro se ne giova l’intera sicurezza: così non si affronta solo il razzismo, ma anche il terrorismo”.

    LA SVOLTA RELIGIOSA - Boateng racconta la svolta religiosa avvenuta di recente nella sua vita: "E’ necessaria l’educazione, entrare nella testa dei bambini. E proteggere i giocatori. Non ne conosco uno che non abbia problemi mentali. Io sono stato un mese senza uscire, a letto. Tornavo a casa piangendo: veniva il mio bambino e non riuscivo a giocare con lui, ero vuoto. I social media sono diventati un’arma per distruggere le persone. Non esistevano ancora, quando nel 2009 Robert Enke, il portiere dell’Hannover, si buttò sotto un treno per la depressione. Figuriamoci oggi. Come ne sono uscito? La molla è scattata dopo la retrocessione con l’Hertha Berlino, la squadra della mia infanzia e del mio cuore. Dovevo smettere perché fisicamente non ce la facevo più, dovevo essere onesto. La Fifa mi invitò a Sydney per il Mondiale femminile. Entrai in chiesa, mi misi a piangere: ho dato la mia vita a Gesù, mi sono battezzato. Mi è successo a 36 anni, non sono mai stato così contento. In nessun posto mi sono mai sentito così bene come a Sydney. Tra qualche mese lascerò Milano e l’Europa, che è diventata cattiva. Non dico per sempre, ma di sicuro in Europa non mi ritrovo più. Crescono odio e invidia. In politica i razzisti provano a governare, in Germania con l’Afd. Vedo il Paese in cui sono cresciuto che li vota e voglio andare via. In Australia mi hanno proposto di aiutare a fare crescere il calcio. Vado. Che cosa direi a chi ha insultato Maignan? Che gli serve Gesù. Nient’altro. Gli darei la Bibbia da leggere. Ognuno di noi è cresciuto in modo diverso, con le proprie esperienze. Ma nella Bibbia c’è scritto tutto, pace e amore: il razzismo non ha proprio senso".

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