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    Bisseck: "Ho pensato di smettere, difficile trovare di meglio dell'Inter. A volte dimentico che devo difendere..."

    Bisseck: "Ho pensato di smettere, difficile trovare di meglio dell'Inter. A volte dimentico che devo difendere..."

    • Redazione CM
    Tra gli eroi della seconda stella, di quel ventesimo Scudetto che ha arricchito il palmares dell'Inter, c'è anche Yann Bisseck. Arrivato in sordina nel passato mercato, il tedesco ha saputo aspettare il suo momento e ha finito per ritagliarsi spazio, titoli, apprezzamento dei tifosi e la certezza che nel futuro nerazzurro lui ci sarà. Il difensore si è concesso a Transfermarkt per una lunga intervista in cui ha ripercorso i suoi inizi e l'ultima stagione. Ecco le sue parole.

    MERCATO - "Ero pronto per andare in Bundesliga. Sarebbe stato un passaggio logico dopo aver fatto una buona stagione in Danimarca. La Germania è vicina, ha senso trasferirsi lì se sei uno dei migliori della Superligaen. Mi ero convinto di ritornare a casa, se ne parlava da tempo, anche dall'inverno prima. La mia famiglia era già entrata nell'ottica che andassi all'Eintracht Francoforte, con cui mio padre aveva avuto buoni colloqui con i responsabili del club. La voce sull'Inter mi è arrivata in ritardo, ma le cose stavano procedendo meglio del previsto. Mi hanno dato belle sensazioni e, rispetto ad altri club, erano disposti a pagare all'Aarhus quanto richiesto, senza cerca di negoziare. Non è stata una decisione facile ma ho semplicemente ascoltato il mio cuore".

    PRESTITO - "All'inizio ci ho pensato di chiedere di andare via in prestito ma è stato un'idea fugace. Quando ho avuto finalmente la mia occasione, ho fatto bene e tutto è filato liscio. La mia carriera è stata sempre così: sono sempre ultimo a salire sul carro, ma alla fine non lo perdo. Mio padre mi ha sempre suggerito di lavorare per il fatidico giorno X. A dicembre ho giocato quasi in ogni partita e questo mese ha fatto la differenza".

    CARRIERA - "Credevo che giocare in Danimarca fosse la mia ultima spiaggia. Ho affrontato l'esperienza in modo diverso e non posso che ringraziare l'Aarhus per avermi dato la giusta possibilità che mi era mancata negli anni precedenti e soprattutto ai fisioterapisti incontrati lì. Grazie a loro ho potuto fare un'intera stagione senza infortuni e continuare a non averne fino ad oggi. In Portogallo dopo essere finito k.o. ho iniziato a chiedermi se continuare come calciatore. Con Elias Abouchabaka, un connazionale che era come me al Vitoria, abbia parlato della possibilità di fare qualcosa altro. Trasferirsi a Berlino, prendere un appartamento insieme, studiare (ride, ndr). E invece è arrivata l'Inter di Lautaro, Calhanoglu e Thuram". 

    INTER - "A volte ho dovuto darmi un pizzicotto per capire se fosse tutto reale. Conoscevo la maggior parte dei giocatori solo per averli visti in TV o al gioco di FIFA. Improvvisamente mi sono ritrovato a condividere lo spogliatoio con loro, far parte del gruppo. Sono stati davvero gentili. Poi quando sei in un club così grande come l'Inter nessuno ti regala nulla, devi guadagnarti il tuo status. All'inizio si notava che gli altri volevano vedere di cosa fossi capace. La qualità e il ritmo, già solo durante l'allenamento… è un livello completamente diverso rispetto a quello a cui ero abituato. Mi avevano detto che giocare dieci partite per l'Inter sarebbe equivalso a una buona stagione. Non posso lamentarmi ma non sarei stato felice se non avessi giocato. È così che deve essere un atleta. Ora voglio fare il passo successivo per la prossima stagione: giocare i big match, la Champions League. E punto gli occhi alla Nazionale".

    FUTURO - "Io un pilastro del futuro? I veterani del club mi hanno dato la sensazione che possa diventarlo. Questo mi piace. Mi hanno parlato più di quanto mi aspettassi. Non devo nascondermi, ho qualità uniche. E l'allenatore sa quanto valgo. All'inizio non riuscivo ad esprimermi in italiano, quindi non abbiamo parlato tanto con Inzaghi. Esisteva una barriera linguistica ma non ha mai pensato che non fossi abbastanza bravo. Avevo anche sentito che fosse in difficoltà a panchinarmi perché sapeva che valevo una maglia. Ora che comprendo la lingua, mi spiega delle cose, mi dice di pazientare, che sono sulla strada giusta. È una persona davvero di cuore". 

    OBIETTIVI FUTURI - "Tutto va parametrato. Ad esempio, mio padre guarda i percorsi di altri grandi difensori e nota che in tanti non erano titolari in un club come l'Inter alla mia età. È una visione che adoro. Ho fatto la mia parte nella stagione d'esordio, seguo un cammino positivo. Non va dimenticato che il ruolo del difensore è speciale, non puoi semplicemente essere gettato in campo e soprattutto non in Italia. Sento di essere vicino al massimo che un giocatore può raggiungere in una carriera. Ci sono ancora club con un certo fascino ma se riesci ad essere un punto fermo dell'Inter, hai già raggiunto la vetta. Dopo un anno qui posso dire che in futuro sarà difficile trovare qualcosa di migliore. La Serie A poi è perfetta nell'aspetto difensivo. È uno dei motivi per cui ho scelto di venire qui. Sono un difensore ma mi piace anche avanzare. Per questo a volte devo ricordarmi che il mio primo compito è difendere e questo è un aspetto sul quale posso lavorare. In Italia impari esattamente questo: come muovermi, quando fermarmi, come rimanere in linea. Mi avevano detto che ci vogliono nove mesi per un difensore ad abituarsi al campionato. Un'esagerazione ma tre-quattro mesi ci vogliono sicuramente. Se gioco con maggiore continuità e mostro quello che si aspettano da me la mia valutazione potrebbe salire fino a 30-40 milioni di euro. Credo sia realistico".

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