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Bilancio italiano: Di Maria è esploso quando serviva, LuLa disastrosa. E Deschamps non ha offeso Giroud
Dei 5, il migliore in Qatar è stato senza dubbio Di Maria, che ha giocato poco, ma è stato decisivo quando più serviva: 4 mesi ad allenarsi con la Juve per giocare la finale con l’Argentina, e che finale. Gol e rigore conquistato, fascia (sinistra) dominata e un’ora di gran calcio. Allegri spera, anzi ci conta, visto che il Pogba sbirciato in tribuna, bello rotondo, pare ancora lontano dal ritorno in campo.
Dybala ha giocato pochissimo, ma ha segnato uno dei 4 rigori per la Coppa, ed è un merito. Resta quello più simile a Messi, troppo simile per giocarci accanto e troppo distante per giocarci al posto, per cui non gioca. Paredes ha cominciato da titolare, ma è uscito presto dagli 11: con Enzo Fernandez non può esserci partita. Tornerà a Torino a mescolare calcio, senza illusioni, ché non può più regalarne, finirà il prestito e sarà rispedito al PSG. Poi c’è Lautaro, decisivo ai rigori con l’Olanda, l’unico acuto di un Mondiale alla rovescia, cominciato da titolare e finito da riserva, zero gol segnati e almeno mezza dozzina sbagliati in modo anche clamoroso: pur sconfitte, Australia e Francia ringraziano. Fossero stati tutti come il Toro, campione del mondo sarebbe qualcun altro.
In Qatar, eclissi totale di LuLa, visto che il Mondiale di Lukaku è cominciato tardi, durato poco e finito molto presto, di fatto un solo tempo, contro la Croazia, 45 minuti per sbagliare 3 gol, anche clamorosi, e tornare a casa. Sta allenandosi e anche lui di chili da smaltire ha dimostratro di averne parecchi. Il 4 gennaio forse sarà in campo, ma sicuramente non sarà ancora quel che farebbe tanto comodo a Simone Inzaghi.
Erano 66 gli “italiani” in Qatar, e qui non ambiamo a parlare di tutti, ma il migliore è stato il 67esimo, ovvero l’unico senza virgolette, Daniele Orsato, 3 partite arbitrate, compresa quella inaugurale e la semifinale Argentina-Croazia. Molto meglio lui di tutti i suoi colleghi, compreso il sopravvalutato polacco Marciniak, che in finale ha permesso agli argentini di picchiare e provocare, impuniti. Orsato vale un Mondiale, ma in Serie A non può arbitrare l’Inter. Un giorno, qualcuno forse spiegherà. Ammesso ci sia qualcosa da spiegare.
Bene Giroud, ma gli anni pesano e in finale s’è visto. Sostituendolo in quel modo, Deschamps non gli ha mancato di rispetto, ha solo cercato di rovesciare una partita, la finale di un Mondiale. Il rispetto lasciamolo per altre cose. Theo è molto forte quando attacca, molto meno quando difende: si vede in Serie A, figuriamoci al Mondiale. Leao, per restare al Milan, è il rimpianto del Portogallo. Ora che se lo goda Pioli, finché può. Per De Ketelaere era già tanto esserci, in Qatar. Convocazione di stima, certo non per quando mostrato in rossonero. Chissà se nel frattempo s’è svegliato o fino a quando resterà il bello addormentato di Milanello. Bene Dest, che avrà certamente dato una rinfrescata all’autostima.
Tra le stelle della Serie A più attese in Qatar ce n’erano almeno un paio nella Serbia. Per Milinkovic-Savic basti dire che è stato più bravo suo fratello (il portiere del Torino), confermando un’altra volta le perplessità sul suo valore oltre i (nostri) confini nazionali. Per Vlahovic, resta pesante l’incognita pubalgia. Ha giocato poco, segnato un gol, ma inciso zero. E per uno pagato 70 milioni meno di un anno fa, non è stato certo un modo per lasciare il segno. Primo obiettivo, guarirlo per davvero. Sennò sono solo chiacchiere e speranze. E fra Mondiale e mercato, promosso anche Rabiot, che ha steccato solo la finale (e meno di mezza Francia, peraltro): meglio tenersi il figlio di Veronique o tentare la Lazio con un’offerta vera (negli affari con Lotito, le plusvalenze sono unilaterali)? Giusto il tempo di nominare il nuovo cda a poi la Juve dovrà decidere.
@GianniVisnadi