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    Bernardini: Juve pane e cioccolata

    Bernardini: Juve pane e cioccolata

    Tutto sommato è andata di lusso. Poco importa se, adesso, il City le sta sopra la testa. Il rischio di veder tornare la Juventus dalla trasferta in Germania con le ossa rotte c’è stato. Immagini da brivido ”made Forte Apache” in diretta via satellite. Poi, il sospiro di sollievo e sorrisi un po’ tirati per lo scampato pericolo.  Eppure erano tanti anni davvero che non mi capitava di vedere la squadra bianconera giocare gli ultimi venti minuti di una qualsiasi partita letteralmente blindata nello stretto spazio di sedici metri e priva di un qualsiasi attaccante di ruolo. Per un momento mi è parso di rivivere una notte di Coppa Uefa (si chiamava così) con i bianconeri in Spagna diretti da Giovanni Trapattoni. Ordine categorico dalla panchina: vietato passare la linea del centrocampo. Con Giuan si vinceva anche a quel modo. Ma allora è proprio vero che le teorie trapattoniane sono come gli esami, cioè non finiscono mai e che ciascun allenatore contemporaneo dopo essersi riempito la bocca con “rombi”, “triangoli” e “ipotenuse” alla fine, vedendo la possibile malparata, ricorre alla tradizionale “medicina” di nonno Trap che non si vergognava nel farla bere ai suoi ragazzi attrezzati anche per tali evenienze. Che è poi esattamente quella tanto cara al maestro del tecnico di Cusano. Il “paròn” Nereo Rocco il quale al collega che, entrando in campo gli stringeva la mano dicendo “Vinca il migliore” lui puntualmente rispondeva in triestino “Speremo de no”. 

    Salvata, dunque, dal “catenaccio” più ortodosso ma non soltanto da quello. La Juve, ma soprattutto il suo allenatore. Le stelle, evidentemente, devono essere misericordiose con Massimiliano Allegri il quale, nel giro di pochi giorni, ha corso il rischio di veder compromessa l sua posizione di tecnico bianconero. A fargli da parafulmine, prima con il Torino e ieri contro i tedeschi, un Gigi Buffon perlomeno sontuoso. Il cuore della Juve. Il cuore vero. Il capitano granata, Glick, da sabato è ancora lì a chiedersi come quella sua incornata con la testa e con il pallone che viaggiava come un treno non sia riuscito a “matare” la Signora. Stessa domanda che rimbomba nel cervello di Stindi e in quello di Hazard i quali difficilmente scorderanno la figura di un “supereroe” vestito da portiere mentre respinge di piede e con una mano le loro due bombe mortifere. E’ il famoso “pane duro”  che sempre Trapattoni tirava in ballo quando doveva chiamare a rapporto in campo la vecchia guardia e spingerla a fare l’ennesimo miracolo frutto della volontà oltreché della bravura. Un poco come il pallone che Zoff, a Barcellona nell’Ottantadue, fermò con le unghie sulla linea di porta impedendo ai brasiliani di far festa.

    Ma non si vive di solo pane. Anche un pezzettino di cioccolata pur servire ad addolcire il palato e a rasserenare gli animi. Cioccolata svizzera, tra le più buone. L’ha messa in tavola un altro comprovato “leone” bianconero. Lichtsteiner, con quella sua faccia da Gugliemo Tell bianca e pomelli rossi, il cui cuore era finito nelle mani dei chirurghi esattamente trentun giorni prima della partita di ieri. A prescindere dal gol, un raro esempio di coraggio e sacrificio. C’è da credere che, ieri sera, una certa aritmia cardiaca l’abbia provata Allegri.

    Marco Bernardini 

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