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    Bernardini: Inter-Moratti, titoli di coda

    Bernardini: Inter-Moratti, titoli di coda

    Scorrono i titoli di coda. Poco più di sessanta giorni e per il kolossal nerazzurro prodotto da Massimo Moratti, in scena da quasi vent’anni, verrà scritta la parola fine. Il remake, ormai in fase avanzata di montaggio, sarà scritto e recitato totalmente in indonesiano. La lingua del nuovo ed esclusivo producer Erik Thohir. “Dura minga, dura no” suggeriva, in milanese, una vecchia reclame. Infatti. Non poteva durare la partnership tra l’orientale azionista di maggioranza e  il “sciur” Massimo ridotto a statua di cera dalla presidenza onoraria. Entro la fine dell’annno l’uomo il cui cognome è stato legato a filo doppio con l’Inter per due generazioni storiche cederà al tycoon di Giacarta la residua percentuale delle partecipazioni che ancora possiede e tornerà ad essere un semplice tifoso della squadra imparata a conoscere e ad amare seduto in tribuna accanto a papà Angelo. Nessuna sceneggiata da porte in faccia e stracci che volano. Un educato divorzio tra signori. Un “ciao”  peraltro già “annunciato” il giorno stesso delle nozze.

    Olio e aceto vanno a meraviglia nell’insalata. Separatamente e forzatamente messi insieme sono incompatibili. Come il giorno con la notte. E’ persino banale proprio come le motivazioni che condurranno alla definitiva eclisse dell’irripetibile era morattiana. Massimo è stato e sempre sarà soprattutto un innamorato cronico della Beneamata e, per conseguenza, del calcio. Quindi, come tale, disposto a compiere anche delle follie per la sua insostituibile amante e per il popolo della sua tribù. Prima l’Inter e poi l’economia, insomma. Erik, con quel nome da re barbaro, è uno dei nuovi signori della finanza planetaria. Non ha legami affettivi o di parentela con la brava gente del “nebiun meneghino”. Ha osservato il calcio da lontano, lo ha studiato scientificamente e ha concluso che quel giocattolo potrebbe rappresentare lo strumento ideale per accumulare un’altra valanga di denaro oltreché di potere. Prima il business e poi l’Inter, insomma. Sia chiaro, non è detto che entrambe le strategie non possano essere vincenti. Quella di Moratti, perlomeno, lo  è stata. Quella di Thohir è tutta da verificare anche se il suo “piano” di lavoro promette bene.

    In ogni caso sarebbe (o sarà) un film diverso. Un capolavoro d’autore, tipo Fellini, quello di Moratti “produttore” soprattutto per pura passione. Un kolossal da cassetta, made in USA, quello di Thohir “produttore”soprattutto per cassetta. Lo capirebbe anche un bambino. Ma, vada come sta scritto nelle stelle, quello che verrà a mancare in senso ampio, sarà il Massimo Moratti uomo e persona sempre con un occhio attento a coniugare il calcio con le parole “umana solidarietà”. Il presidente che può anche spendere cifre folli (comunque di tasca sua!) per, metti,  l’ingaggio di Recoba o, ancora, per, pagare tre allenatori contemporaneamente, ma che insieme con la sua Milly raduna poveri e disadattati per cenare con loro, sostiene Emergency di Gino Strada, apre con Xavier Zanetti un circolo per immigrati, si occupa personalmente dei “Campus” nerazzurri dove bambini e ragazzini imparano non solo calcio e, una volta al mese, fa visita al popolo che lotta a San Patrignano per rendersi conto personalmente di come va il “recupero”. Ora, senza più l’Inter, questo Massimo formato “gladiatore” potrà fare ancora di più. E lo farà. In silenzio, come sempre.

    Marco Bernardini

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