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    Berlusconi, l'uomo che cambiò il calcio con Sacchi. E ora Ulivieri ha una 'paura boia'

    Berlusconi, l'uomo che cambiò il calcio con Sacchi. E ora Ulivieri ha una 'paura boia'

    • Alberto Polverosi
      Alberto Polverosi
    Fu l’incrocio di due visionari. Non due pensieri, non due filosofie, ma due visioni che fuoriuscivano da un mondo fatto di arte, di magìa e di pragmatismo, concetti difficili da legare l’uno all’altro, ma quello era stato il calcio fin quando Silvio Berlusconi incontrò Arrigo Sacchi. Probabilmente Silvio non sarebbe diventato il dirigente-proprietario più vittorioso al mondo se il giorno di Milan-Parma di Coppa Italia non si fosse follemente innamorato di Arrigo. E forse da Arrigo non sarebbe mai nato il sacchismo se non si fosse imbattuto in quel folle che amava il calcio quanto lui, quasi quanto lui. Un calcio che non si era mai visto prima in Italia. Insieme Berlusconi e Sacchi lo cambiarono. Premesso che il Milan berlusconiano che più ha conquistato la passione di chi scrive è stato il Milan dei numeri 10 di Carlo Ancelotti, è impossibile negare che la vera rivoluzione nacque attraverso e grazie alla visione di Silvio e Arrigo.

    Insieme hanno conquistato l’Europa e il mondo, con la stessa missione, vincere giocando, vincere attaccando, vincere dominando. Avevamo già conquistato l’Europa, due volte anche con l’Inter di Helenio Herrera, difesa e contropiede. Sia chiaro, mica era brutto vincere in quel modo. Berlusconi e Sacchi ci portarono però in un mondo nuovo. Il presidente difese il suo allenatore quel giorno a Milanello, quando riunì la squadra e disse ai giocatori: “Il signor Sacchi è il nostro allenatore e chi non è con lui può andarsene”. Non se ne andò nessuno e vinsero insieme. Poi Silvio ha continuato a vincere anche con altri allenatori, con quelli che ha amato, come Capello, Ancelotti e Allegri, e con quelli che ha amato meno come Zaccheroni. Ventinove trofei con la sua presidenza: otto Scudetti, una Coppa Italia, sette Supercoppe Italiane, due Coppe Intercontinentali, cinque Supercoppe Uefa, un Mondiale per Club e cinque Champions League. 

    Ha acquistato campioni straordinari che col Milan sono arrivati al top vincendo Palloni d’Oro come Gullit, Weah, Shevchenko, Kakà e Van Basten che quel trofeo lo ha portato a casa tre volte. Ha avuto al suo fianco un dirigente appassionato come lui, Adriano Galliani, e insieme, una volta lasciato il Milan, hanno acquistato il Monza perché quei due lontano dal calcio non potevano stare. Berlusconi ha amato il calcio ma non si è mai sottratto a polemiche anche dure. Con Zaccheroni e la famosa battuta sul sarto e con Dino Zoff che, di ritorno dall’Europeo 2000 perso in finale con la Francia per il golden-gol di Trezeguet, si dimise dopo le sue critiche quando era Primo ministro. Berlusconi contestò la tattica della Nazionale e Zoff rispose dicendo che lasciava l’incarico da ct perché non accettava lezioni. Voleva il “bel giuoco”, voleva sempre le due punte in campo, raccontava di aver allenato pure lui. Politicamente era un uomo di destra e ha sempre lottato contro la sinistra. Per questo ci piace riportare quanto ha scritto su facebook Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione Allenatori, che con orgoglio appartiene a quella sinistra: «Siccome eravamo amici, il mio amico Renzo Fermalvento, al lunedì, quando tornavo a casa, a San Miniato, apriva la barberia per me. Tra una chiacchiera ed un’altra, dopo aver parlato male di quasi tutti i nostri amici, si ricordava sempre l’eccidio del Duomo e di come ci eravamo salvati. Era convincente e quando gli parlavo di qualche annuncio mortuario, lui mi tranquillizzava: ”O ‘un lo vedi che muoiono sempre i soliti”. “Però bisogna stare attenti perché nel mondo ci sono più trappole che topi”. “Noi due siamo immortali, te lo dico io: io, te e Berlusconi”. Un giorno Renzo se ne andò e si rimase solo io e Berlusconi. Oggi è toccato a Berlusconi e sono rimasto solo. Con una paura boia».

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