Sia fatta giustizia per Bergamini, dopo 28 squallidi anni di bugie e depistaggi
Professionalmente per Donato “Denis” Bergamini è il momento migliore della carriera.
Ha 27 anni ed è nel pieno della maturazione psico-fisica.
Il suo Cosenza è reduce dal suo primo campionato di Serie B dopo 24 lunghi anni di purgatorio nelle serie inferiori.
Denis ha avuto parecchi guai fisici in quella stagione che hanno limitato il suo contributo a sole 16 presenze.
Ma la sua qualità è evidente a tutti.
Talmente evidente che nell’estate del 1989 ci sono diverse squadre che bussano alla porta del Cosenza per arrivare al cartellino di Denis. Si parla addirittura della Fiorentina, squadra di Serie A e allenata da Bruno Giorgi, che l’anno precedente era proprio al Cosenza arrivato ad un passo dalla promozione in Serie A.
Ma sono soprattutto Padova e Parma che spingono decise per avere Denis tra le loro fila.
Sono entrambe in Serie B ma sono due serie candidate alla promozione.
Gli emiliani, guidati da Nevio Scala, proprio nella stagione 1989-1990 raggiungeranno la promozione in Serie A e nel giro di pochi anni diventeranno una delle squadre più forti del nostro campionato.
L’ipotesi di andare a giocare nella città ducale è allettante per Denis. Parma poi è così vicina alla sua Ferrara, la città dove vivono i suoi cari e la sua fidanzata.
Il Cosenza però è altrettanto ambizioso e non intende perdere uno dei suoi giocatori più importanti.
Denis accetta di buon grado di rimanere.
I tifosi lo adorano e arriva anche un adeguamento di contratto importante.
Si parla addirittura di una cifra tre volte superiore a quella precedente.
Gigi Simoni, giovane, emergente e preparato allenatore, è il Mister del Cosenza.
Inizia la nuova stagione.
L’avvio non è esaltante ma pian piano la squadra comincia a ritrovarsi. Denis gioca con continuità e i guai fisici della stagione precedente paiono completamente superati.
E’ fuori dal campo dove ci sono i problemi.
Denis non è più lui.
E’ preoccupato, cupo e sempre più introverso.
La storia con Isabella è finita ma chiudere definitivamente non è affatto facile.
Non dopo l’aborto di Isabella di due anni prima.
Denis avrebbe riconosciuto il figlio.
Si sarebbe assunto la responsabilità di padre … ma non quella di marito.
Codici d’onore, la famiglia, le tradizioni … questo è il ritornello che Denis sente probabilmente per mesi e mesi. Poi ci sono quei sussurri, quei bisbigli su amicizie sbagliate, su giri di droga e calcio scommesse.
Resta il fatto che Denis ora è spaventato.
Arrivano telefonate strane, spesso molto brevi che turbano Denis.
Se ne accorgono i suoi compagni e se ne accorgono i suoi famigliari.
Alla fidanzata, romagnola come lui, confiderà che “laggiù a Cosenza qualcuno mi vuole male”.
Ma è il massimo che il timido e introverso Denis riesce a dire.
Di lì a poco arriverà la sera del 18 novembre e sull’asfalto della Statale 106 Jonica verrà trovato il suo corpo senza vita.
Inizieranno in quel momento 28 squallidi anni di bugie, ricostruzioni superficiali e lacunose, depistaggi e clamorose incongruenze.
Fino a pochissimi giorni fa, quando finalmente il riesame sul corpo del povero Denis ha permesso di arrivare finalmente alla prima, fondamentale verità: Denis Bergamini è morto per soffocamento.
Ed era quindi già morto quando fu investito dal TIR.
Esattamente come riscontrarono i RIS di Messina 5 anni prima.
Ora però quello che si attendono tutti è GIUSTIZIA.
La stanno aspettando da 28 anni tutti i tifosi del Cosenza che hanno così profondamente amato questo biondino che correva per 90 minuti come un indemoniato, che vinceva contrasti contro avversari che erano il doppio di lui fisicamente e che metteva il cuore in ogni partita. La stanno aspettando i vecchi compagni di squadra, molti dei quali amici fraterni di Denis, che non hanno mai creduto alla versione ufficiale raccontata per anni … quella del suicidio.
La stanno soprattutto aspettando due anziani genitori e una sorella che non hanno mai smesso di lottare durante questo incubo durato 28 anni anche quando tutto sembrava perduto e compromesso nei meandri di carte processuali, di dichiarazioni apparentemente inconfutabili … e di una montagna di menzogne.
28 anni che sono stati una condanna che la famiglia Bergamini ha scontato al posto di chi ha ucciso il loro Denis. 28 anni di una coriacea e infinita battaglia legale intrapresa dalla famiglia alla ricerca della verità.
“Siamo pronti a tutto, a qualsiasi verità. Basta che la smettano di raccontarci frottole come è stato fatto in tutti questi anni”. Questo è quello che ha sempre dichiarato con coraggio e coerenza la sorella Donata.
Frottole come la squallida messa in scena dell’investimento del TIR che avrebbe trascinato il corpo del povero Denis per quasi 60 metri.
Nonostante i vestiti (poi fatti frettolosamente sparire) e le scarpe immacolate di Denis nonostante la pioggia e il fango di quella sera. Nonostante il viso, il torace e gli arti superiori di Denis praticamente intatti, senza ferite o escoriazioni.
Nonostante l’orologio da polso di Denis rimasto integro e perfettamente funzionante … nonostante l’impatto con il mezzo pesante e il successivo trascinamento del corpo.
Nonostante nessuna fra tutte le persone che conoscevano Denis abbia mai creduto anche solo per un istante alla versione della ex-fidanzata Isabella Internò e dell’autista del TIR Raffaele Pisano i quali dichiararono che Bergamini si sarebbe “tuffato a pesce” sotto le ruote del mezzo pesante che stava sopraggiungendo. Questa versione è stata smontata definitivamente.
Ora però rimane l’ultimo, fondamentale passo.
Quello più importante e dovuto alla famiglia Bergamini e alla memoria del povero Denis.
Assicurare i colpevoli alla giustizia per chiudere definitivamente, anche se dopo 28 lunghissimi anni, l’ennesima storia vergognosa della giustizia italiana.
… E come ha ricordato la sorella Donata alla notizia della accertata e definitiva causa della morte del fratello pochi giorni fa “ora finalmente ci sarà qualcun altro che inizierà ad avere paura”.
(Remo Gandolfi è anche su www.storiemaledette.com)