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Benzema fuori da Euro 2016: il razzismo e il malessere francese
Il brontolio prendeva già forma, e a dargli voce in modo ufficiale è stato un personaggio del calcio francese che non ha mai avuto paura di esprimere le proprie opinioni: Eric Cantona. Nel corso di un’intervista rilasciata a The Guardian, l’ex numero 7 del Manchester United ha accusato Deschamps di essere stato mosso da motivi razziali nello stilare la lista dei convocati. A suo giudizio non ci sarebbe altra spiegazione dietro la scelta di lasciare a casa due talenti “beur” come Karim Benzema e Hatem Ben Arfa. Un’esternazione molto dura, quella di Cantona. Che ha coinvolto anche il primo ministro francese Manuel Valls, accusato d’essere stato il vero ispiratore dell’esclusione di Benzema. A chiudere il quadretto, l’informazione data dal giornalista del quotidiano inglese secondo Cantona s’appresta a tifare Inghilterra e non Francia in occasione degli Europei.
Interpellato dallo stesso Guardian sulle accuse di Cantona, Deschamps non ha risposto. In compenso ha dato immediatamente mandato al suo avvocato Carlos Brusa di querelare il connazionale. Già da calciatori i due erano in pessimi rapporti, e adesso l’inimicizia avrà modo di finire in tribunale. Ma al di là delle questioni personali, rimane l’aspetto politico della vicenda. Che è spinosa ben oltre il suo livello calcistico.
Per quello che riguarda le due esclusioni, bisogna distinguere. Benzema è stato lasciato fuori per ragioni disciplinari, e si tratta di una scelta sulla quale non si può che essere d’accordo. Di fronte a certi episodi il valore tecnico di un calciatore passa in secondo piano, e a prendere il primato devono essere l’aspetto etico e il prestigio di una federazione, che a sua volta rappresenta un Paese intero. Certo, il fatto che a due settimane dall’Europeo l’attaccante abbia vinto la Champions col Real Madrid ha complicato di parecchio la gestione della vicenda, specie nei confronti di un’opinione pubblica che quando c’è di mezzo il pallone è sempre volubile. Oggi ostracizza, domani incorona. Invece nel caso di Ben Arfa si è trattato di scelta tecnica, e questa è davvero incomprensibile. Il giocatore, che dopo lo sfortunato quinquennio inglese pareva essersi lasciato sfuggire il momento migliore della carriera, ha piazzato una stagione d’altissimo livello a Nizza, trascinando una squadra appena discreta nella corsa che l’ha portata a sfiorare un piazzamento Champions: quarta a soli due punti dal Monaco. A 29 anni, Ben Arfa è nel pieno della sua maturità calcistica. Perché mai Deschamps non l’abbia convocato rimane un mistero. E a questo punto il commissario tecnico deve augurarsi che da questa scelta non dipendano le sorti della nazionale francese all’Europeo e il giudizio sul suo lavoro.
Ma quale che sia l’esito calcistico della vicenda, rimane l’aspetto politico con le sue implicazioni. Rispetto alle quali il paragone con la precedente fase finale di una grande manifestazione calcistica ospitata dalla Francia, il Mondiale del 1998, è impietoso. Quel mondiale si concluse con la vittoria di una nazionale che venne retoricamente narrata come un inno alla Francia delle Tre B (black, blanc, beur), il paese multirazziale che aveva saputo integrare le proprie differenze. Una narrazione che non avrebbe impiegato molto a essere confutata, ma che per un breve periodo di tempo comunicò l’immagine di una Francia capace di sanare le fratture etno-culturali sul piano interno. A diciotto anni di distanza da quel Mondiale, la Francia arriva a ospitare gli Europei in condizioni politiche e sociali opposte: con un’opinione pubblica segnata dai sanguinosi attentati del radicalismo islamico, una società attraversata da fortissime tensioni sociali legate alla Loi Travail, e un equilibrio fra le comunità che torna a essere precario. E in condizioni già così difficili in materia di ordine e sicurezza giunge l’incombenza di dover gestire una manifestazione sportiva lunga un mese, che porta in territorio francese un gran flusso di visitatori. Che la nazionale francese rifletta questo momento di sofferenza identitaria del paese è una conseguenza quasi inevitabile. Oggi i Bleus dividono anziché unire, e la Francia delle Tre B ne ha persa una per strada: quella beur. Sull’Equipe di oggi lo storico Pascal Blanchard, parlando dei giovani francesi di origine magrebina, ha detto di un “sogno rovesciato” rispetto al 1998. Che il razzismo c’entri o meno nelle mancate convocazioni di Benzema e Ben Arfa, a contare è il fatto che questa versione dei fatti venga rappresentata come vera da una parte della società francese. E combattere contro una credenza è la più difficile delle guerre.
@pippoevai