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    Beneventomania: la denuncia di Vigorito è sacrosanta, ma ora chieda spiegazioni anche a Inzaghi e Foggia

    Beneventomania: la denuncia di Vigorito è sacrosanta, ma ora chieda spiegazioni anche a Inzaghi e Foggia

    • Massimiliano Mogavero
    I toni usati possono essere condivisibili o meno, ma il concetto espresso da Vigorito nell'infuocato post partita di Benevento-Cagliari non fa una piega. Non è l'episodio del rigore prima assegnato e poi revocato ad aver scatenato l'ira del presidente giallorosso, ma è il protocollo per l'ennesima volta stravolto e soprattutto il fatto che il protagonista di una decisione incomprensibile è stato il tanto discusso Mazzoleni, la cui designazione aveva fatto storcere il naso a molti. Questo perché il fischietto di Bergamo era finito nella bufera già la settimana prima, sempre in una gara del Cagliari (al 'Maradona' contro il Napoli). Da qui la rabbia di Vigorito che ha giustamente considerato quantomeno inopportuna la scelta del designatore Rizzoli di affidarsi ancora una volta a lui per una sfida delicata che vedeva coinvolta la stessa squadra di sette giorni prima. Quel “c'era solo lui?” pronunciato dal patron del Benevento è una domanda legittima alla quale Rizzoli dovrebbe rispondere per non alimentare ulteriormente il sospetto, così come pure una spiegazione avrebbe dovuto darla l'Associazione arbitrale che invece, nonostante il nuovo corso targato Trentalange, è rimasta silente. 

    Nella centrifuga finale ci è finito di tutto e questo è dettato dalla rabbia del momento, dalla frustrazione di chi vede andare in fumo i propri investimenti e un anno di grandi sacrifici. Di questo, però, Vigorito dovrebbe chiedere conto a due persone in particolare: Pasquale Foggia e Pippo Inzaghi. Le imputazioni principali infatti dovrebbero travolgere loro, perché se il Benevento è arrivato con l'acqua alla gola allo scontro diretto decisivo, nonostante avesse fino a poche settimane prima un vantaggio apparentemente rassicurante sulla zona retrocessione, beh evidentemente è perché qualcosa non ha funzionato nel modo giusto. Il direttore sportivo, ad esempio, ha la responsabilità di non aver provveduto a rinforzare per tempo l'organico messo a disposizione dell'allenatore, pur avendo avuto la possibilità di farlo. Il tecnico, deluso da ciò che è successo durante il mercato di gennaio, ha finito per smarrire le coordinate della sua squadra e si è incartato, come per altro dimostra anche la gestione del match di ieri pomeriggio.

    Perché l'episodio a cinque minuti dalla fine avrà pure condizionato l'esito della gara, ma qualche domanda sui cambi dell'allenatore piacentino è necessario porsela. Il Benevento ha interpretato bene la partita nel primo tempo, avrebbe meritato di andare al riposo in vantaggio, ma nella ripresa non ha saputo riproporre la stessa spinta dei 45 minuti precedenti. E Inzaghi non è stato in grado di dare la sterzata giusta pescando le opportune risorse dalla panchina: incomprensibile la decisione di tirar fuori un Insigne apparso in palla, ancora di più la scelta di tenere in campo per tutta la partita Ionita, richiamando in panchina Hetemaj, e soprattutto quell'eccesso di prudenza rappresentato dal fatto di aver chiuso la sfida con tre difensori centrali, nonostante ci fosse uno svantaggio da recuperare. Insomma, se questo finale di campionato si sta trasformando in un'agonia infernale, i motivi sono da ricercare anche all'interno.

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