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    Beneventomania: anatomia di una squadra perdente

    Beneventomania: anatomia di una squadra perdente

    • Massimiliano Mogavero
    Il solito Benevento, il solito finale amaro che cancella anche le ultime residue speranze di rientrare in corsa per la salvezza. Niente da fare. Pure contro il Cagliari, dopo aver accarezzato per 90 minuti l'idea di un risultato positivo, la truppa di De Zerbi china il capo, incassa la ventiquattresima sconfitta su 28 partite disputate e cancella in pochi secondi quanto di buono era stato fatto per tutta la gara. Una buona prestazione sul piano della determinazione, della capacità di mettere il naso nei presidi nemici, persino su quella della solidarietà tra compagni e del combattimento fisico. Tutto vanificato, però, da un risultato finale che non sarà del tutto aderente al campo, ma che non è altro che il frutto dei soliti limiti e della raffica di errori pacchiani commessi da Sandro e compagni.

    Mali della stagione che sono tutti condensati nei 90 minuti disputati col Cagliari: l'incapacità di trasformare in occasioni da gol la gran mole di gioco prodotta e quella di capitalizzare le poche opportunità capitate nel corso della partita; l'ansia nel difendersi sui calci piazzati; l'ennesimo gol subito di testa (fanno 14) e soprattutto la scarsa lucidità nella gestione delle fasi conclusive di ogni incontro. Un dato allarmante, quest'ultimo: basti pensare che, nei minuti di recupero, il Benevento ha buttato via sette punti. Un'enormità per una squadra che ne ha conquistati dieci in tutto il campionato e che, senza le reti subite al fotofinish, probabilmente sarebbe ancora in corsa per non retrocedere. 

    Davanti a questa situazione, mandare al diavolo l'arbitro e chi lo assiste per l'ennesimo torto (il riferimento è alla mancata espulsione di Castan) risulta francamente riduttivo. È sempre bene farsi un profondo esami di coscienza, perché il Benevento è stato il solito Benevento e la sconfitta non è stata altro che la cartina al tornasole di una stagione balorda, di un'annata bestiale condotta da una squadra che ha dimostrato di essere perdente nell'anima. 

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