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  • Beha: Nicchi, dopo il disastro dei tuoi arbitri, prima te ne vai e poi pontifichi

    Beha: Nicchi, dopo il disastro dei tuoi arbitri, prima te ne vai e poi pontifichi

    Devo confessare che per un quarto d'ora, nel secondo tempo del "Derby della Mole" (molatissimo), davanti alla tv ho pensato che in realtà non di calcio si trattasse, ma del festival di Sanremo: quel tremendo festival di Sanremo che negli ultimi due anni di ammorbamento si è mischiato prima alle elezioni politiche e poi al cambio di governo, sanremizzando atrocemente entrambe le scadenze.

    Ebbene sì, per me Renzi ha cantato a Sanremo. Ma non faccio testo. Invece faceva testo la noia del derby, che mi poneva una serie di interrogativi speleologici: che giocano a fare, come è possibile che quasi qualunque partita dei campionati stranieri sia almeno più combattuta, come può reggere sempre e (quasi) soltanto la logica del risultato che polverizza ma insieme accredita qualunque spettacolo indecente ecc. ecc.

    Fino appunto al torpore sanremese da cui mi ha svegliato il mancato calcio di rigore assegnato al Torino in barba alla vicinanza dell'arbitro Rizzoli che ovviamente, passando per il meno peggio del convento, ci rappresenterà in Brasile.

    Un fallo di Pirlo a un altro nipote di Mubarak, El Kaddouri, apparentemente in ritardo e invece ancora in corsa in area per il pallone. Lì ho capito tutto e ho smesso di intorpidirmi con la continuità con Sanremo. Per godere dello stesso friccico di adrenalina di un rigore negato ai più deboli, peraltro mai pericolosi davvero pur di fronte a una Juventus stracca, vizza e raminga per il campo, a Sanremo deve arrivare Grillo, ma sul palco, oppure deve essere fucilato simbolicamente con un palloncino dalla canna Fabio Fazio mentre sventola il suo 740: altrimenti non c'è né ci potrà essere mai partita, anche se allo Juventus Stadium si ronfa che è una bruttezza.

    Senza considerare lo scimunito, tendenza mascalzone, che non trova di meglio che rispolverare uno striscione ammorbante sulla tragedia di Superga, 65 anni dopo, fortunatamente subito condannato da Andrea Agnelli la cui prontezza si misura però dal tempo che è passato tra quando il vergognoso striscione è stato inalberato e quando è stato rimosso: un secondo, un minuto, un'ora, un giorno?

    Di solito in questi casi qualche bello spirito non si contenta di condannare , ma salta subito su juventinamente per chiosare: "E quando fanno gli striscioni sull'Heysel?". È uguale, mio caro, vale per tutti, e vale per tutti anche l'accettazione semi-rassegnata che ormai dilaga negli stadi anche se poi arrivano le ammende ai club.

    Ben venga allora ieri la timida dedica di un galantuomo come Edy Reja che cita Gianni Borgna, appena scomparso, persona a modo e intellettuale fine e di buon animo che da ragazzo come terzino scalciava assai e assai meno ha scalciato per come è stato trattato negli ultimi anni dal suo partito, che non era esattamente la Lazio...

    Tornando al derby di Torino, il punto non è che il rigore non sia stato dato perché non è stato visto a velocità "calcistica" in diretta il fallo di Pirlo. Può capitare. Il problema è che tutti pensano che se fosse capitato nell'area opposta lo stesso fallo molto probabilmente sarebbe stato concesso il rigore. È dunque una questione di uniformità di giudizio, nel pallone come nel resto.

    E fa effetto, in questo caso nel pallone ma accade nel resto con i vertici della giustizia del cui organo supremo è capo il presidente della Repubblica (e il cerchio si chiude...), che dirigenti arbitrali come l'uomo nero dell'Aia, Nicchi, e il designatore designato, Braschi, se ne escano fasicamente (è un insulto...) con delle nefandezze che gridano vendetta. Nicchi dice che preferisce l'uomo alla moviola, magari riservandosi di aggiungere che preferisce la donna alla telecamera di porta... meraviglioso umanesimo sprecato per la situazione.

    Dopo il disastro che stanno combinando i tuoi "sicari", prima te ne vai, Nicchi, e poi casomai pontifichi: non era tutta colpa di Moggi? Questo baratro arbitrale adesso da chi dipende? Sempre da lui? E nessuno ne vuol parlare più perché è "impolitico" farlo? Non conviene perché si sarebbe costretti a rivedere delle posizioni complessive e non necessariamente a favore della Juventus?
    Questo mix tra calcio e politica a livelli spesso subumani, che si influenzano a vicenda, rimanda anche con uno straccio di attenzione alle fiamme ucraine, agli atleti che avevano lasciato i Giochi di Sochi, alle autorità Uefa che con il calendario alla mano sono tornate al proscenio mediatico e non se ne sono date per intese: Dnipro-Tottenham di Coppa si doveva giocare per forza giorni fa, con Kiev insanguinata.
    Ma sì, facciamoci come sempre del male, tanto il calcio è un gioco...

    Oliviero Beha per ilfattoquotidiano.it
     

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