Beccantini: Conte torna e la Juve scherza col fango
Il ritorno di Antonio Conte ha coinciso con il gol di colui che ne aveva segnato il battesimo in campionato, l’11 settembre 2011: Stephan Lichtsteiner. Il Palermo aveva imprigionato l’Inter, la broccaggine di Matri l’ha tenuto in partita al di là di ogni ragionevole occasione, fino alla rete della guardia svizzera e al doppio giallo (corretto) di Morganella. Da moviola, se mai, un tocco di Pirlo al limite dell’area, spalla o braccio, dentro o fuori?
Conte, dunque. Ha scolpito lo scudetto, non andava in panchina dal 20 maggio (finale di Coppa Italia a Roma, Napoli-Juventus 2-0). Sono felice per il suo rientro, un po’ meno per tutti i «clacson» suonati da radio e televisioni. Come se, nel frattempo, fosse finito in Siberia.
Anche Mourinho non pratica il turnover. Conte gli assomiglia molto, gioco a parte. Tutti diventano prevedibili, se camminano. La Juventus lo è stata a lungo, tra la grandine e il fango di una improbabile domenica palermitana. La squalifica di Giovinco ha privato il loggione di un comodo bersaglio (ma pure la cucina dei rari dribbling in padella). I due pali scheggiati da Vucinic sono stati il tributo che, ogni tanto, il destino impone persino ai suoi cocchi.
Credo che Conte tirerà le orecchie a Bonucci: non ci si tuffa così, davanti al portiere. E pure a Vucinic: o stop di mammella e assist di tacco o sciali biblici sotto porta. Una via di mezzo, no? Veniva, la Juventus, dalla notte di Donetsk. Il senza voto di Buffon è la fotografia del pomeriggio. I bianconeri, promossi agli ottavi di Champions League, hanno quattro punti in più di un anno fa. Serve altro?
Postilla. Viviano in Roma-Fiorentina, Gillet in Toro-Milan. Non discuto le girandole di Zeman e i progressi di Allegri, ma con portieri così il tiro a segno riesce meglio.