Barimania:| Via Gillet, fine di un'epoca
Qualcuno vuole illudersi che sia una partenza indolore. C'è persino chi ritiene che Jean Francois Gillet non abbia il sufficiente carisma per indossare la fascia di capitano del Bari oppure che, in fin dei conti, non sia poi tra i principali attori dell'ultra centenaria storia biancorossa. Ogni opinione è rispettabile, ma certe posizioni somigliano più che altro ad una specie di autodifesa da un dispiacere enorme. Già, perché la cessione di Gillet fa male al cuore di ogni tifoso barese. Anzi malissimo. E forse in altri tempi avrebbe causato un'insurrezione popolare. Ora, invece, passa quasi come male necessario di un'epoca in cui nulla è certo, in cui tutto si distrugge per ricostruire con pochi mezzi e scarsissime ambizioni. Una realtà che quasi ha 'cloroformizzato' la città del pallone, ormai distrutta, affranta, incapace persino di immaginare che cos'altro possa accaderle dopo le umiliazioni in serie subite quest'anno e il conseguente, drastico, ridimensionamento.
Inutile nasconderlo: la cessione di Gillet rappresenta davvero la fine di un'epoca, l'alba di un cambiamento, purtroppo, soltanto in negativo. Provare a dimenticare ciò che ha rappresentato il portiere belga è il modo per non accettare la verità. Gillet è stato un idolo, un beniamino: non si discute. Non solo: è stato fin dal primo momento 'uno di noi' per quel suo modo naturale di calarsi nella baresità, al punto di sposare una ragazza della nostra terra e di assumere un colorito accento che di vallone mantiene ben poco. 'Gil', come lo chiamano tutti da queste parti, è entrato nel cuore di Bari dieci anni fa sfoderando prodezze purtroppo inutili per evitare un'altra, disastrosa, retrocessione in B. E nei lunghi anni di permanenza in cadetteria è stato quasi sempre l'ancora cui aggrapparsi per evitare il peggio. E' stato l'unico volto davvero amato in periodi in cui la maglia biancorossa è stata indossata da illustri ignoti. E’ stato il capitano della riscossa culminata con la promozione, la sicurezza di quel Bari che fino a qualche tempo fa sembrava un piccolo Barcellona.
Una cosa è certa: per capacità tecniche, umane, per professionalità, Gillet merita di restare in serie A. Ma che non si venga a dire che la sua cessione era inevitabile. I tifosi biancorossi non meritavano questo ennesimo affronto. E anche il capitano avrebbe meritato di sentirsi un intoccabile, malgrado i tempi di crisi. Gillet va via, ma resta un'icona, uno dei migliori giocatori di sempre. D'altra parte, non si può discutere l'uomo che ha stabilito il record assoluto di presenze (353) nel Bari. Un primato forse inattaccabile in un calcio che non ha più bandiere. Diciamo la verità: ora ci resta ben poco. La società è stata persino abbandonata dalla proprietà, che non vede l'ora di disimpegnarsi del tutto. Sul mercato, il Bari (piazza che dovrebbe gravitare stabilmente in A) si muove come fosse un Albinoleffe qualsiasi. Il Bari c'è fisicamente, ma la sua presenza è impalpabile. Il calcio barese vive una crisi che raramente s'è vista in passato. Un tunnel da cui si esce in un modo soltanto: attraverso la cessione del club. La speranza è che esista nel mondo qualcuno disposto a rilanciare una squadra ed una città che avrebbero tanto da dare. E che, invece, continuano ad incassare umiliazioni. Eppure chi volesse investire nel calcio, non troverebbe un terreno più fertile per regalare a se stesso e ad un popolo innamorato un grande sogno.