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    Barcellona, una filosofia in crisi

    Barcellona, una filosofia in crisi

    • Luca Borioni
    Terzo in classifica, a meno cinque dal Real Madrid capolista e con una partita in più rispetto ai rivali di sempre. Quindi con il rischio di veder aumentare il divario.

    Ma non si tratta delle uniche note dolenti, perché se fosse solo per lo svantaggio in graduatoria, basterebbe riguardarsi la storia delle ultime stagioni per capire che il Barcellona sa benissimo come recuperare, come realizzare una bella remuntada. Ha ovviamente gli uomini per farlo e ha anche un destino da grandi imprese che lo accompagna.

    Il punto è che, in generale, la filosofia del mes que un club, l’orgoglio dell’essere catalani e di avere una visione del calcio originale e vincente, sembrano all’improvviso concetti appannati.

    È stato fin qui un inizio di 2017 decisamente da dimenticare per il Barcellona. Un solo punto in due partite giocate: quella in Coppa del Re (sconfitta con l’Athletic Bilbao) e il pareggio del Madrigal contro il Villarreal, passato in vantaggio con l’italiano Sansone e raggiunto solo nel finale da una prodezza di Messi.

    Proprio lui, il pluridecorato Leo, resta l’appiglio (dorato) a cui il Barça può ancorarsi in attesa di tempi migliori. Che, come detto, potrebbero arrivare a sovvertire questo nostro teorema. In fondo è già accaduto che i blaugrana, in passato, abbiano vissuto un mese di gennaio difficile per poi ripartire alla grande verso i soliti successi.

    Oppure no, questi invece potrebbero essere i prodromi di una piccola grande crisi che coincide con la conclusione di un ciclo. E in questo senso sembra evocativa anche la depressione di Guardiola in quel di Manchester, sponda City: l’inventore del tiki taka che medita l’addio al calcio e che fino a oggi è stato degnamente sostituito dai suoi successori in blaugrana, fino all’attuale tecnico Luis Enrique, l’allenatore che a Roma non avrebbero mai immaginato di vedere brillantemente alla guida di un top club dopo la modesta esperienza giallorossa.

    Nell’aria c’è qualcosa di strano. Sarà per le difficoltà manifestate dallo stesso Suarez nelle ultime partite, sarà per il fatto che Neymar non va in gol da qualcosa come più di 900 minuti… E poi ci sono le polemiche arbitrali, qualcosa che non si addice al Barça ma che indica l’esistenza di un malessere, aldilà della liceità di certe rimostranze, portate avanti soprattutto da Piqué contro la federazione e poi contro la Lega, con il dito puntato contro il presidente Javier Tebas.

    E nel calderone ci mettiamo pure il mancato rinnovo di Rakitic. Una frizione in apparenza insignificante, non fosse altro perché il contratto del croato scade nel 2019, ma che proprio Luis Enrique ha in un certo senso ingigantito evitando di convocare il giocatore proprio contro il Villarreal. Esclusione tra l’altro dolorosa, in un ruolo sostanzialmente vacante e conteso tra il croato stesso e altro interpreti: da André Gomes a Denis Suarez fino a Rafinha. Per non parlare delle difficoltà della difesa dove Mascherano (che in estate pareva destinato ad altri lidi, segnatamente la Juventus) gioca titolare a discapito di Umtiti, strapagato e tenuto spesso in panchina.

    Insomma il malessere è evidente e potrebbe manifestarsi in forma ancor più grave, sempre che Messi non prenda in mano la bacchetta. Ma fino a quando? Il mercato sibila anche per l’argentino.

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