Balotelli come Yves Klein: un 'salto nel vuoto' contro gli eccessi dell'arte contemporanea
Si può essere d’accordo o no, ma le provocazioni di Vittorio Sgarbi contengono quasi sempre un elemento interessante (le sue schede critiche, le sue ricostruzioni, le sue mostre artistiche interessanti lo sono sempre ). L’ultima, freschissima, riguarda Balotelli e l’ormai arcinoto salto in mare del motorino. Ebbene, Sgarbi ha detto che quel salto è equiparabile ad un’azione artistica di cui qualsiasi autore contemporaneo si sarebbe vantato. Una volta definito il ruolo e la caratura artistica, quell’evento poteva essere tranquillamente accettato ed esaltato. Non esecrato, come invece è avvenuto, solo perché Balotelli artista non è. Artista con la A maiuscola, artista da mostre, da Museo, da performance.
In effetti, qualcosa di vero c’è. Andando lontano con la memoria, ricordiamo la foto del 1960 di Yves Klein, ritratto mentre spicca un salto nel vuoto da un muro. Un salto destinato a farlo planare pericolosamente sull’asfalto. La foto s’intitolava appunto “Salto nel vuoto” e Klein, precursore della body art, voleva rappresentare le forme del vuoto. Nel caso specifico, c’era un gruppo di amici pronto ad accoglierlo con un materasso, ma nella foto il materasso fu tolto. Il fatto era, si dirà, che Klein stabiliva comunque un nesso, proponeva un concetto legato a quell’immagine. Ma il motorino di Balotelli?
Un caso che fece scalpore durante una Biennale di Venezia di parecchi anni fa fu il ragazzo down seduto su una sedia in un angolo di una stanza vuota. Davanti a lui c’erano un quadrato disegnato sul pavimento, una palla di gomma e una pietra. Sotto ogni oggetto veniva proposto un titolo. Il ragazzo guardava i tre oggetti e, alle sue spalle, stava scritto il titolo generale della performance “Seconda soluzione d’immortalità (l’universo è immobile)”. Paolo De Rosa, così si chiamava il ragazzo, restò esposto per il primo giorno con i visitatori che gli passavano davanti. Poi intervenne la polizia e denunciò l’artista Gino De Dominicis per “sottrazione d’incapace”. Il giorno dopo sulla sedia comparve una bambina. In seguito l’artista fu assolto. La provocazione consisteva, in sostanza, nel considerare la disabilità non più come qualcosa da nascondere, ma da mostrare e da accettare.
Ora nel gesto di Balotelli si potrebbe anche rinvenire qualche convergenza artistica, come dice Sgarbi. Resta il fatto che quel tuffo non l’abbia fatto lui e che gli eventuali riferimenti concettuali (scritte, titoli, sequenze filmate, fotografate, ripetute ecc.) siano del tutto assenti. Resta quello della scommessa. Ma forse Sgarbi esaltando Balotelli voleva sminuire quelli che per lui sono semplicemente eccessi “risibili” di certa arte contemporanea.
In effetti, qualcosa di vero c’è. Andando lontano con la memoria, ricordiamo la foto del 1960 di Yves Klein, ritratto mentre spicca un salto nel vuoto da un muro. Un salto destinato a farlo planare pericolosamente sull’asfalto. La foto s’intitolava appunto “Salto nel vuoto” e Klein, precursore della body art, voleva rappresentare le forme del vuoto. Nel caso specifico, c’era un gruppo di amici pronto ad accoglierlo con un materasso, ma nella foto il materasso fu tolto. Il fatto era, si dirà, che Klein stabiliva comunque un nesso, proponeva un concetto legato a quell’immagine. Ma il motorino di Balotelli?
Un caso che fece scalpore durante una Biennale di Venezia di parecchi anni fa fu il ragazzo down seduto su una sedia in un angolo di una stanza vuota. Davanti a lui c’erano un quadrato disegnato sul pavimento, una palla di gomma e una pietra. Sotto ogni oggetto veniva proposto un titolo. Il ragazzo guardava i tre oggetti e, alle sue spalle, stava scritto il titolo generale della performance “Seconda soluzione d’immortalità (l’universo è immobile)”. Paolo De Rosa, così si chiamava il ragazzo, restò esposto per il primo giorno con i visitatori che gli passavano davanti. Poi intervenne la polizia e denunciò l’artista Gino De Dominicis per “sottrazione d’incapace”. Il giorno dopo sulla sedia comparve una bambina. In seguito l’artista fu assolto. La provocazione consisteva, in sostanza, nel considerare la disabilità non più come qualcosa da nascondere, ma da mostrare e da accettare.
Ora nel gesto di Balotelli si potrebbe anche rinvenire qualche convergenza artistica, come dice Sgarbi. Resta il fatto che quel tuffo non l’abbia fatto lui e che gli eventuali riferimenti concettuali (scritte, titoli, sequenze filmate, fotografate, ripetute ecc.) siano del tutto assenti. Resta quello della scommessa. Ma forse Sgarbi esaltando Balotelli voleva sminuire quelli che per lui sono semplicemente eccessi “risibili” di certa arte contemporanea.