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    Balotelli: 'Amo ancora l'Inter. Dovevo andare alla Juve: appuntamento con Marotta e Nedved, poi Raiola...'

    Balotelli: 'Amo ancora l'Inter. Dovevo andare alla Juve: appuntamento con Marotta e Nedved, poi Raiola...'

    Mario Balotelli ama ancora l'Inter, nonostante la fede milanista. A confermarlo è lo stesso ex attaccante nerazzurro, oggi al Sion, nel corso di una lunga intervista a Muschio Selvaggio: "Non ricordo il mio primo giorno esatto in cui arrivai all'Inter. Mi ricordo che ho cominciato ad allenarmi con la prima squadra: giocavo con la Primavera però mi allenavo con la prima squadra. La prima partita che ho fatto era in Coppa Italia, non mi ricordo che partita fosse. A livello di spogliatoio, un ragazzo della Primavera subisce un po' il nonnismo arrivato in prima squadra, ho sempre avuto il mio carattere, quindi era difficile mettermi i piedi in testa, però sì. Più che nonnismo era rispetto. Io sono andato all’Inter dove c’erano Ibrahimovic e Materazzi", riporta FcInterNews.it.

    CHI LO HA AIUTATO A INSERIRSI IN PRIMA SQUADRA - "Materazzi è uno di quelli che mi ha sempre aiutato. Se mi ha picchiato dopo Barcellona? Mi ha rincorso, questo è vero, poi siamo entrati nello spogliatoio e... Cosa è successo? È successo che in questa partita importantissima, semifinale di Champions io entro a partita in corso ed entro anche bene. Poi sbaglio una o due palle e San Siro comincia a fischiarmi e non l’ho presa bene, l’ho presa veramente male. Avevo 18 anni, sicuramente errore mio la mia reazione finale però cavolo, io amavo l’Inter con tutto il cuore e ci sono rimasto troppo male quel giorno lì. Sono tornato a casa e piangevo, ti dico la verità. Mi hanno fischiato e ho avuto una reazione dove, a fine partita, ho buttato la maglia per terra. Ma non era una reazione per dire 'che schifo', era proprio contro loro in quel momento lì perché ero arrabbiato e non capivo il senso. Erano esagerati quei fischi in quel modo. Forse era lo stress e la voglia di andare perché l’Inter non ci andava da mille anni, ma era stato esagerato. Qualche fischio lo accetto. Nel calcio succede, se mi succedesse oggi la prenderei col sorriso. Comunque su Materazzi, per tornare all'episodio dello spogliatoio abbiamo litigato, ma non alle mani, verbalmente. Lui era una persona che veniva da me qualunque cosa accadesse, positiva o negativa, quindi ho capito la sua reazione ed era una reazione da fratello più grande come per dire 'che c***o stai facendo'. Se Marco mi vuole picchiare sto fermo perché gli voglio troppo bene".

    'AMO L'INTER' - "Quanti anni ho fatto in nerazzurro? Con le giovanili cinque anni. All'Inter devo tantissimo, l'ho amata e la amo tantissimo tuttora, poi nel cuore sono milanista però devo praticamente tutta la mia carriera all'Inter perché mi ha lanciato e ha creduto in me, a Moratti devo tutto".

    L'ALLENATORE A CUI E' PIU' LEGATO ALL'INTER - "Ho avuto due allenatori all'Inter, Mancini e Mourinho. A chi sono legato di più? Cominciamo con le bombe (ride, ndr). Com'è Mou? Simpaticissimo, ho avuto un rapporto un po’ particolare. A volte ci parliamo anche adesso. Ho avuto un bel rapporto con lui però ha un carattere, a volte, difficile da gestire. E anche io ho un carattere difficile da gestire, a volte si andava allo scontro ma era uno scontro paterno, tra padre e figlio mai scontri senza rispetto. Posso raccontare un piccolo episodio che la gente non sa. Partiamo da Appiano Gentile per andare a giocare a Catania: appena usciti da Appiano ho un diverbio con Mourinho nel pullman, non mi ricordo perché. Mi ricordo solamente che sono sceso dal pullman, ho preso la macchina e sono tornato a casa e quella era la partita che poi l’Inter aveva perso 2 a 1... Un casino. Delle cavolate che ho fatto però mi sono sempre preso le responsabilità".

    LO SCONTRO CON TOTTI - "C’era stata una partita negli anni precedenti, in cui avevo zittito i tifosi della Roma, ma non credo che lui ce l’avesse con me per quel motivo. Lui in finale di Coppa Italia ce l’aveva con il mister che non lo aveva fatto giocare dall’inizio, e per questo era nervoso. Io Totti lo rispetto tantissimo, gli voglio bene. Alla fine della partita gli ho anche scritto: 'Ma il calcio perché me l'hai dato?. Lui mi ha risposto 'dai, non ti ho preso neanche bene'. Francesco ha fatto la storia del calcio italiano. Se l'avessi fatto io sarei in prigione magari".

    TRIPLETE - "Abbiamo vinto il campionato, la Coppa Italia, la Champions League, ti dico la verità, non ci credevo, non ci pensavo. Vincere tutto era una cosa troppo grande per essere vera, l'ho vista come un sogno. Cosa ha fatto la differenza? Il gruppo e il mister. Mourinho ti carica, lui tira fuori il meglio di te, a volte anche il peggio, ma ti tira fuori il meglio. Tu non lo sai, ma lui tira fuori il meglio di te, ti fa arrabbiare e tu per reagire, spacchi tutto, metti fuori tutta l’adrenalina che hai in corpo ed è quello che lui vuole".

    JUVE MANCATA - "Dopo il Manchester City sarei dovuto andare alla Juve. Ho avuto un appuntamento a Torino con Marotta, Nedved e Conte, dove abbiamo parlato molto della squadra. Raiola si era accordato con la dirigenza, che aveva presentato l'offerta. In teoria dovevo andare alla Juve. Al ritorno da Torino Raiola chiama Galliani, gli dice che mi stava mandando alla Juve. E così ho scelto il Milan. La Juve è sempre stata la mia antagonista, anche se è troppo forte".

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