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    Baldini: 'Non sono pazzo, ecco perché mi sono dimesso due volte'

    Baldini: 'Non sono pazzo, ecco perché mi sono dimesso due volte'

    L'allenatore Silvio Baldini ha lasciato la panchina del Perugia in Serie B dopo l'addio al Palermo. Ecco le sue parole in un'intervista alla Gazzetta dello Sport: "Il tempo è il bene più prezioso, se non ce l'hai vuol dire che non esisti. Il mio tempo a disposizione è sempre meno, non mi va di sprecarlo. A 64 anni non desidero altro che vivere alla mia maniera, essere fedele a me stesso, al mio bisogno di emozioni forti. Per me la famiglia è tutto, se non sono felice con me, non posso esserlo nemmeno con loro". 

    "I nuovi proprietari del Palermo non credevano in me. Basti pensare che mi hanno lasciato un anno di contratto mentre a Corini, il mio successore, hanno fatto un biennale. Avevo tre fisioterapisti miei e me ne hanno imposti altri due, insieme a un preparatore atletico di cui non avevo bisogno". 

    "Il Perugia? Mi dispiace. Avevo la fiducia del presidente e del direttore, mi affascinava la città, la favola del Perugia di Sollier, Curi, Vannini, come quella del Cagliari, quando le favole erano ancora possibili. Ho trovato bravi giocatori, ma tra loro non c’era quel legame vero che porta i risultati. Non era una famiglia. Quando non c’è famiglia, non c’è amore, non c’è passione. Non ho il culto della vittoria. Non m’interessano le vittorie dove non c’è amore e spirito di fratellanza. Non c’erano le condizioni. Io vedo le cose con il cuore, non con gli occhi". 

    "Non sono un pazzo. Non c’era questa differenza tecnica incolmabile tra noi e i primi. Ma bisogna credere all’impossibile, bisogna credere ai propri sogni. Quando ti accorgi che l’egoismo dei singoli è superiore alla capacità di sognare non puoi farci niente. Il calcio non ti dà tempo. Non erano i risultati a preoccuparmi, ma le prestazioni di una squadra che si rifiuta di sognare. Il presidente Santopadre è una persona semplice, bellissima la sua storia da imprenditore. Ha provato a chiamarmi, ma avevo staccato il cellulare. Quando prendo una decisione non torno indietro". 

    "Un futuro ancora nel calcio? Non lo so e non m’interessa. Non penso al futuro, il futuro è la mia decadenza, io voglio vivere intensamente il presente, essere quello che devo essere. Se poi si creano le condizioni giuste... Quando verrà la decadenza insopportabile del corpo farò come i cani e i capi indiani. Mi allontanerò, andrò a morire per i fatti miei in montagna. La Signora vestita di nero verrà a prendermi e io l’aspetterò. Cercherò di ammaliarla con le parole. Le dirò che non ho rimpianti. Che non mi è mancato niente. Valentina, la mia figlia disabile, è stata la chiave di tutte le mie scelte. Se sono quello che sono è perché e lei a dirmi che sono nella strada giusta. Lei e i due figli maschi, due uomini pieni di valori". 

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