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Ausilio: 'Zhang ci dà serenità, il segreto di Marotta. Potevo fare l'allenatore...'
Il direttore sportivo dell’Inter Piero Ausilio è stato ospite di Radio Serie A e si è soffermato su diversi argomenti, tra cui tanti aneddoti sulla sua carriera, dalla conclusione del suo percorso da calciatore alla Pro Sesto al fortissimo legame col club nerazzurro: "Ho iniziato 25 anni fa il mio percorso, facendo step che mi hanno formato e reso più forte. Oggi mi sento, anche per l'età che ho, solido, forte e competente per poter dare un contributo per una società così forte".
GRAZIE ALLA PRO SESTO - Gli inizi: "Sono nato e cresciuto alla Pro Sesto, ho iniziato la mia carriera da dirigente lì perché ho interrotto la mia carriera da calciatore presto. Ho finito gli studi velocemente nel '98, poi sono arrivato a discutere la tesi in giurisprudenza nel 2005 sotto minaccia perché avevo già iniziato a lavorare all'Inter. A 16 anni ero in prima squadra all Pro Sesto, poi ho avuto una serie di interventi chirurgici e ho smesso. La fortuna è stata iniziare presto a frequentare gli ambienti del mercato con il presidente della Pro Sesto. Avrei fatto il professionista. Ero molto in anticipo rispetto all'età, a 16 anni ero in prima squadra in Serie C1. Dopo i primi interventi provi a rientrare, a far di tutto, perché è il tuo sogno. Ti ammazzi di lavoro e fisioterapia, poi lo capisci... Quando entri in campo e arrivi sempre un secondo dopo e l'altro ti mangia in testa, è meglio fermarsi. Fare il calciatore a livello amatoriale non mi interessava, voglio fare sempre cose ai massimi livelli e ho deciso di laurearmi in giurisprudenza e poi ho iniziato a lavorare da dirigente".
QUANTI PIANTI - "Ho anche tentato di fare l'allenatore, poi un presidente illuminato come Peduzzi della Pro Sesto mi disse che nel calcio non c'erano grandi manager e vedeva del talento in me. Ho pianto tante volte, ci sono stati momenti di sconforto, ma sono situazioni che è anche giusto vivere perché ti rendono più forte e responsabilizzato. Com’è iniziata la mia esperienza all’Inter? Ci fu una trattativa anche lì con il responsabile del settore giovanile di allora. Volevano iniziassi a tempo pieno, ma a me mancava un esame e riuscì a vincere la trattativa per un periodo part time di 6 mesi con 4 ore solo al pomeriggio, che poi si trasformavano sempre in 8-10. Ho passato tantissime serate a Interello con il custode che veniva a darmi un panino, ma non mi è mai pesato. Ricordo la prima partita vera vista allo stadio con lo stemma dell'Inter era la finale di Coppa Uefa al Parco dei Principi Inter-Lazio. L'esordio da direttore sportivo lo ricordo con piacere, fu anche quello fortunato. Moratti mi fece chiamare mentre ero in Brasile, mi disse che voleva seguissi la squadra a Kiev nel 2010: fu decisiva anche per il Triplete. Da lì ho iniziato a seguire la prima squadra. Devo tantissimo a Moratti perché mi ha fatto entrare all'Inter e mi ha permesso di crescere. Il vero cambiamento è arrivato con Thohir, che mi ha dato incarico da direttore sportivo. Poi sono stati momenti difficili, ma è stato importante avere la fiducia della famiglia Zhang e di Steven, che non è arrivato subito. Dal suo arrivo a Milano è iniziato un nuovo percorso e ho sentito nuova fiducia".
COPPIA DI FATTO - Sul rapporto con Marotta: "Siamo una bella coppia, funziona perché c'è rispetto. Lui capisce di calcio, ha anni di esperienza, ma ha una grande qualità: delega e dà fiducia alle persone che ha. Penso che sia intervenuto per dire "no" su un calciatore un paio di volte in questi 5 anni, ma solo perché magari già conosceva il calciatore o aspetti caratteriali che io non conoscevo. Ti lascia lavorare, poi ci si confronta. Permette al direttore sportivo di concentrarsi proprio sul suo lavoro, perché io non ho tempo e voglia di concentrarmi sui rapporti, la comunicazione e altro. Mi concentro sull'allenatore, calciatori e incontri con gli agenti con un'attenzione al 100%, senza perdere concentrazione in cose che non sono mie".
ZHANG DA' TRANQUILLITA' - Infine, un parere su Steven Zhang: "C'è un'idea sbagliata su di lui. Dal punto di vista tecnico magari non è uno di quei presidente che può esprimere un giudizio sulle qualità di un giocatore e questa è una grandissima cosa, perché dirigenti e allenatore possono fare il loro mestiere. Ha tantissima passione, è sempre molto vicino, vede tutte le partite a qualsiasi ora e ci dà tranquillità e serenità. Laddove sono stati commessi degli errori, non ha mai esasperato la situazione. La mancata vendita di Skriniar ad esempio, con un altro presidente, avrebbe creato comportamenti e atteggiamenti diversi. Lui guarda subito oltre, la sua preoccupazione era: ok, chi mettiamo al posto di Skriniar? E' un imprenditore, ha una visione molto ampia. Ti lascia fare il tuo, ti fa sentire tranquillo e sicuro".
GRAZIE ALLA PRO SESTO - Gli inizi: "Sono nato e cresciuto alla Pro Sesto, ho iniziato la mia carriera da dirigente lì perché ho interrotto la mia carriera da calciatore presto. Ho finito gli studi velocemente nel '98, poi sono arrivato a discutere la tesi in giurisprudenza nel 2005 sotto minaccia perché avevo già iniziato a lavorare all'Inter. A 16 anni ero in prima squadra all Pro Sesto, poi ho avuto una serie di interventi chirurgici e ho smesso. La fortuna è stata iniziare presto a frequentare gli ambienti del mercato con il presidente della Pro Sesto. Avrei fatto il professionista. Ero molto in anticipo rispetto all'età, a 16 anni ero in prima squadra in Serie C1. Dopo i primi interventi provi a rientrare, a far di tutto, perché è il tuo sogno. Ti ammazzi di lavoro e fisioterapia, poi lo capisci... Quando entri in campo e arrivi sempre un secondo dopo e l'altro ti mangia in testa, è meglio fermarsi. Fare il calciatore a livello amatoriale non mi interessava, voglio fare sempre cose ai massimi livelli e ho deciso di laurearmi in giurisprudenza e poi ho iniziato a lavorare da dirigente".
QUANTI PIANTI - "Ho anche tentato di fare l'allenatore, poi un presidente illuminato come Peduzzi della Pro Sesto mi disse che nel calcio non c'erano grandi manager e vedeva del talento in me. Ho pianto tante volte, ci sono stati momenti di sconforto, ma sono situazioni che è anche giusto vivere perché ti rendono più forte e responsabilizzato. Com’è iniziata la mia esperienza all’Inter? Ci fu una trattativa anche lì con il responsabile del settore giovanile di allora. Volevano iniziassi a tempo pieno, ma a me mancava un esame e riuscì a vincere la trattativa per un periodo part time di 6 mesi con 4 ore solo al pomeriggio, che poi si trasformavano sempre in 8-10. Ho passato tantissime serate a Interello con il custode che veniva a darmi un panino, ma non mi è mai pesato. Ricordo la prima partita vera vista allo stadio con lo stemma dell'Inter era la finale di Coppa Uefa al Parco dei Principi Inter-Lazio. L'esordio da direttore sportivo lo ricordo con piacere, fu anche quello fortunato. Moratti mi fece chiamare mentre ero in Brasile, mi disse che voleva seguissi la squadra a Kiev nel 2010: fu decisiva anche per il Triplete. Da lì ho iniziato a seguire la prima squadra. Devo tantissimo a Moratti perché mi ha fatto entrare all'Inter e mi ha permesso di crescere. Il vero cambiamento è arrivato con Thohir, che mi ha dato incarico da direttore sportivo. Poi sono stati momenti difficili, ma è stato importante avere la fiducia della famiglia Zhang e di Steven, che non è arrivato subito. Dal suo arrivo a Milano è iniziato un nuovo percorso e ho sentito nuova fiducia".
COPPIA DI FATTO - Sul rapporto con Marotta: "Siamo una bella coppia, funziona perché c'è rispetto. Lui capisce di calcio, ha anni di esperienza, ma ha una grande qualità: delega e dà fiducia alle persone che ha. Penso che sia intervenuto per dire "no" su un calciatore un paio di volte in questi 5 anni, ma solo perché magari già conosceva il calciatore o aspetti caratteriali che io non conoscevo. Ti lascia lavorare, poi ci si confronta. Permette al direttore sportivo di concentrarsi proprio sul suo lavoro, perché io non ho tempo e voglia di concentrarmi sui rapporti, la comunicazione e altro. Mi concentro sull'allenatore, calciatori e incontri con gli agenti con un'attenzione al 100%, senza perdere concentrazione in cose che non sono mie".
ZHANG DA' TRANQUILLITA' - Infine, un parere su Steven Zhang: "C'è un'idea sbagliata su di lui. Dal punto di vista tecnico magari non è uno di quei presidente che può esprimere un giudizio sulle qualità di un giocatore e questa è una grandissima cosa, perché dirigenti e allenatore possono fare il loro mestiere. Ha tantissima passione, è sempre molto vicino, vede tutte le partite a qualsiasi ora e ci dà tranquillità e serenità. Laddove sono stati commessi degli errori, non ha mai esasperato la situazione. La mancata vendita di Skriniar ad esempio, con un altro presidente, avrebbe creato comportamenti e atteggiamenti diversi. Lui guarda subito oltre, la sua preoccupazione era: ok, chi mettiamo al posto di Skriniar? E' un imprenditore, ha una visione molto ampia. Ti lascia fare il tuo, ti fa sentire tranquillo e sicuro".