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Atalanta, impresa a Liverpool: FOTO e VIDEO di una notte da sogno!
L’inizio di una cavalcata storica, che i bergamaschi aspettavano da generazioni: “Mio padre allora mi portò in Turchia che avevo solo 8 anni. Oggi sono io a portarlo a Liverpool, insieme a mio figlio”. La storia si ripete: Freuler sorride all’aeroporto sotto i flash dei tifosi che non hanno dormito dopo la partita per tornare in Italia a lavorare. Ma per l’Atalanta questo e altro: a Bergamo c’è incredulità e si pensa già al prossimo match del 15 febbraio, San Valentino quest’anno si festeggerà un giorno dopo. Perché i bergamaschi sono innamorati della Dea, soprattutto dopo la cinquina di stanotte che ha decretato un sogno che pareva impossibile realizzare.
Giuseppe Valsecchi fa il muratore da quarant’anni e ha sempre basato la sua vita sul risparmio e tanti sacrifici. “Ma per l’Atalanta ho speso 400 euro per me e anche per mio figlio che compie gli anni. Liverpool è la trasferta della vita, quella che ci ricorderemo per sempre”. Una trasferta cara, bella anche solo per esserci, di fronte a Rooney, e invece la Dea vince, anzi, stravince. Prima italiana a rifilare una cinquina a una squadra inglese in una trasferta europea. E ora quella bandiera smunta, che Giuseppe si era tenuto via con i primi risparmi, sventola con forza verso il pullman dei suoi beniamini in uscita dal Goodison Park.
La sua bandiera, la sciarpata dalle tribune, gli occhi lucidi di Percassi che si confondono con la pioggia della fredda Liverpool, sono frammenti della cartolina inglese che ogni bergamasco infila nella propria cassetta delle lettere. “È la prima volta che vengo in Inghilterra e per me, abbonato da quando ho sei anni, è una gioia immensa, me la ricorderò per il resto della vita”, urla al cielo Pietro Rotini.
In tremila e duecento hanno chiesto il permesso dal lavoro per invadere l’Inghilterra e tra loro c’è perfino chi ha lasciato la moglie incinta “ma ha detto che aspettava la vittoria per partorire e ora vogliamo chiamarlo Bryan o Andreas”.
E poi c’è Mariele Monti, a cui non interessava nulla di Atalanta fino a due anni fa, ma che lunedì ha fatto tutto il viaggio in auto da sola, attraverso l’oceano, “perché così è come portare mio figlio Daniele, atalantino sfegatato, con me: per colpa di un tumore non ce l’ha fatta a vedere il suo sogno realizzato, l’Atalanta in Europa, ma sono sicura che da lassù ha dato la sua spinta!”.
E sullo stadio tirava un vento gelido e forte: la spinta la devono aver data anche le centinaia di tifosi che la birra, invece che nei pub inglesi al termine del match, l’hanno bevuta all’Uci cinema o nei pub di Curno, incollati al maxi schermo che trasmetteva la loro nazionale italiana: Bergamo nel mondo.
Nonostante il fuso orario, tra città alta e Liverpool scatta un ponte fatto di chiamate, foto inviate, clacson che suonano nelle auto noleggiate con la targa gialla. Qui tutto va a rovescio e il sorpasso la Dea l’ha fatto sulla destra.
“Non è come la Juve che va in Europa ogni anno. Per noi la gioia è più grande perché capita raramente…Io ho seguito anche la squadra in C!”. Lui è Luigi Locatelli e la caccia al biglietto, cominciata con lunghe code fuori dall’agenzia viaggi, l’ha sentita bene: “Non ho trovato biglietti aerei, mi sono organizzato da solo ma il mio volo è stato cancellato e poi, prenotato un altro da Milano, non ho trovato il biglietto per il match”. Ma, pur di non stare lontano dalla squadra, l’ha seguita comunque oltre Manica, ha attaccato le sciarpe al collo dei Beatles e alle 20.00 è arrivato fino all’esterno dell’impianto del 1878: “Con lo streaming sul cellulare, ho esultato cinque volte oltre il cancello”. Se non è amore questo.
Un amore folle quello dei bergamaschi per l’Atalanta, una mania che contagia da 26 anni più alberi genealogici ieri sera riuniti, da Bergamo oltre la Manica, per festeggiare una nuova impresa a cinque stelle.
“Europa Eccoci” è la scritta sui gadget nerazzurri: sì, siamo tornati. E ci resteremo ancora un po’.