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Argentina, ecco l'ennesima rivoluzione: tutti i candidati per il dopo Sampaoli
Invece il Mondiale ha confermato le solite mancanze del post Sabella: il gruppo portante dell'Albiceleste ha sempre avuto la situazione, tecnica e decisionale, in pugno, e quando Sampaoli ha provato a mischiare le carte, è stato “consigliato” di rivedere un po' le proprie priorità. Durante la manifestazione, i media argentini hanno addirittura rilanciato la notizia che la formazione fosse 'farina del sacco' di Javier Mascherano, una specie di totem del calcio argentino, nonché l'allenatore in campo a tutti gli effetti. Il resto lo hanno fatto un sistema di gioco difficilmente assimilabile in poco tempo e, soprattutto, il fatto che Sampaoli non abbia mai trovato un vero e proprio undici titolare sul quale puntare.
Così, nonostante le prime dichiarazioni di facciata, l'AFA ha optato per l'ennesimo cambio in panchina. In questo momento si stanno vagliando diversi profili, ma Tapia ha già dichiarato che la scelta ricadrà su un tecnico di esperienza, che possa subito dare l'apporto giusto dal punto di vista tattico e nella ricostruzione di una squadra con molti protagonisti al passo d'addio. Il nome più gettonato è quello di José Néstor Pékerman, uno che al fútbol argentino ha dato davvero tanto in passato; dopo aver iniziato a lavorare nel settore giovanile dell'Argentinos Juniors, l'attuale ct della Colombia entrò a far parte dei quadri federali argentini nel 1994, lavorandoci ininterrottamente per dodici anni, durante i quali sono arrivati tre mondiali under-20, due campionati sudamericani di categoria e un titolo ai Giochi Panamericani. Nel 2006, quando aveva appena gettato le basi dell'Argentina attuale, venne inspiegabilmente cacciato: "Se fossi in lui non accetterei mai: dopo ciò che ha fatto per la nazionale è stato mandato via senza nemmeno un ringraziamento" ha detto in una recente intervista Gabriel Batistuta, interpellato sull'argomento.
Pékerman attualmente si è concesso un periodo di riflessione, perché la Colombia è diventata una sorta di seconda casa e lasciarla non sarà semplice. Così, negli ultimi giorni, è uscito anche il nome di Ricardo Gareca. Il Tigre è reduce da un triennio più che positivo alla guida del Perù, riportato a un mondiale dopo 36 anni. Gareca ha già lasciato ufficiosamente la Blanquirroja e, probabilmente, sarebbe l'uomo ideale per cercare di “normalizzare” un ambiente che ha bisogno di lavorare con tranquillità. Gareca è l'antidivo per antonomasia, uno che parla poco e lavora tanto. La sua mano miracolosa ha riconsegnato al calcio che conta gente il parabola discendente come Jefferson Farfán («Il mister è una delle cose migliori che mi siano capitate in carriera» ha detto recentemente la Foquita), sa lavorare sulla testa dei giocatori e propone un calcio semplice, adattandolo al materiale a sua disposizione. L'ideale per una squadra che dovrà ripartire da tanti giovani.
Tramontata la suggestione Simeone, tra Pékerman e Gareca parrebbe farsi largo Marcelo Gallardo. Gallardo è l'astro nascente tra gli allenatori sudamericani, tanto che durante le conferenze stampa, più di una volta i giornalisti argentini gli hanno domandato come mai non avesse ancora tentato il salto in Europa. Il Muñeco (il bambolotto) ha preso in mano un River Plate economicamente disastrato nel 2014 portandolo a vincere la bellezza di otto titoli, tra i quali spiccano una Libertadores, una Sudamericana e ben due Recopas. L'esplosione di talenti sotto la sua gestione è incalcolabile, basti pensare che da quando Gallardo è alla guida dei Millonarios, la società ha guadagnato oltre 50 milioni di euro dalle cessioni. Dal 2014 in poi sono partiti Lanzini, Funes Mori, Kranevitter, Pezzella, Teofilo Gutierrez, Sánchez, Mammana, Balanta, Mercado, Barovero, Vangioni, Simeone, Alario e Driussi ma nonostante ciò, il River ogni anno ha vinto qualcosa. Una striscia impressionante di successi, considerando il contesto in cui è costretto a lavorare. Gestione del singolo e lavoro motivazionale: proprio per questo il Muñeco piace a una federazione che, a breve, dovrà far fronte alla grana legata a Leo Messi. L'asso del Barcellona si è preso una pausa, ma in casa Albiceleste c'è una Copa America da cominciare a preparare. Si giocherà in Brasile, nella tana del nemico. Questa sì che è un'occasione per tornare grandi.